Vola il Made in Italy nel mondo. Il saldo commerciale del Made in Italy nel 2015 è stato infatti di ben 122,4 miliardi di euro. Un vero e proprio successo delle specializzazioni produttive italiane nel mondo che sono costituite soprattutto da quattro grandi aree merceologiche: l’automazione meccanica, l’abbigliamento-moda, l’arredo-casa e l’alimentare-bevande con una nota particolare del vino. È quanto emerga dal rapporto dell’ufficio studi della CGIA, l’organizzazione imprenditoriale degli artigiani.
Quello raggiunto nel 2015 è un risultato in linea con gli esiti toccati negli ultimi anni. Se nel 2009 il saldo positivo era sceso a 88,4 miliardi di euro, nel 2010 è poi salito a 92,3 miliardi, nel 2011 è arrivato a 103,7 miliardi, nel 2012 si è posizionato a 119,5, nel 2013 si è attestato a 120,2 e nel 2014 a 122,3 miliardi: un crescendo continuo che ha toccato il picco massimo nel 2015 con 122,4 miliardi di euro.
Negativo, invece, il risultato ottenuto dagli “altri prodotti” del Made in Italy: computer, chimica- farmaceutica, prodotti metallurgici, tabacco e legno-carta hanno riportato tutti un saldo negativo. Solo gli autoveicoli hanno ottenuto un segno positivo pari a 290 milioni di euro. Nel 2015 l’insieme di tutti gli “altri prodotti” ha infatti registrato un saldo negativo di 28,8 miliardi di euro.
Dall’analisi dei singoli comparti manifatturieri del Made in Italy emerge lo straordinario risultato ottenuto dai macchinari, come motori, turbine, pompe, compressori, rubinetteria, utensili, apparecchi da sollevamento, forni, bruciatori, etc.. Nel 2015 il saldo commerciale è stato positivo, pari a 49,8 miliardi di euro. Seguono il tessile, abbigliamento, calzature con 17,6 miliardi; i prodotti di metallo, come imballaggi leggeri, fili metallici, catene, molle, bulloneria, bidoni, contenitori in acciaio, etc., con 11,1 miliardi; i mobili con 7,2 miliardi; gli apparecchi elettrici, ossia lavatrici, frigoriferi, lavastoviglie, lavasciuga, congelatori, accumulatori elettrici, apparecchiature di cablaggio, batterie di pile, generatori, etc., con 6,5 miliardi e altri materiali non metalliferi, vale a dire vetro, porcellana, ceramica, refrattari, cemento, etc., con 6,4 miliardi di euro.
“Il nostro Made in Italy”, ha spiegato Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, “è prodotto prevalentemente dalle piccole medie imprese che grazie alla loro flessibilità, all’elevata specializzazione produttiva, alla cultura del buon gusto e del saper fare, che hanno conquistato il mondo in settori, come quello delle macchine, dove la ricerca, l’innovazione e la qualità del ciclo produttivo sono requisiti indispensabili per competere sul mercato”.
Secondo Renato Mason, segretario della CGIA, “l’export non è tutto. È sicuramente un indicatore importante, ma il nostro Paese per riagganciare la ripresa ha bisogno di rilanciare soprattutto i consumi interni che in questi ultimi anni di crisi economica sono diminuiti di 6,5 punti percentuali. E per fare questo bisogna assolutamente ridurre le tasse sulle famiglie, sulle imprese e ritornare ad investire per allargare la base occupazionale che, rispetto ai principali nostri competitori, è molto più contenuta”.
Tra i Paesi in cui sono stati piazzato i prodotti Made in Italy il principale partner commerciale è la Germania: nel 2015 abbiamo esportato nel mercato tedesco merci Made in Italy per un valore di 30,3 miliardi di euro. Seguono la Francia (27,7 miliardi), gli Stati Uniti (24,6 miliardi), il Regno Unito (14,8 miliardi), la Spagna (11,2 miliardi) e la Svizzera (11 miliardi di euro).
Rispetto al 2014 si segnalano aumenti di vendita molto significativi negli Emirati Arabi (+15,4%), negli Stati Uniti (+15,2%) e in Spagna (+10%). Dei primi 20 Paesi in cui l’Italia esporta hanno segnato una contrazione solo l’Austria (-0,2%) e la Russia (-25,2%). Per quest’ultimo paese hanno influito diversi fattori tra cui la contrazione del potere d’acquisto delle famiglie russe, il tasso di cambio e il perdurare dell’embargo commerciale imposto dall’Unione Europea.
di Leonzio Nocente
09 Maggio 2016