Non è il caso di parlare di “quote rosa”, ma nel mondo si beve sempre più rosa. La Francia, primo produttore e consumatore, domina il segmento dei vini rosati, ma anche i territori italiani si stanno organizzando per intercettare i nuovi trend. Secondo i dati del Consiglio interprofessionale dei vini di Provenza, insomma, una bottiglia su dieci consumata nel mondo è di vino rosato. E nella classifica dei produttori la Francia fa da battistrada, con un terzo del mercato. Seguono Spagna, con il 19%, Stati Uniti (15%) e Italia (11%). In particolare, il Belpaese oggi produce 330 milioni di bottiglie di rosé e a livello mondiale è quinto consumatore con una quota del 5%.
La nona edizione di “Italia in Rosa”, organizzata a Moniga del Garda dal Consorzio Valtenesi, ha illustrato prospettive e opportunità dei rosati, a cui guardano sempre di più nuovi mercati, come la Svezia, il Canada e Hong Kong. E ha lanciato anche la proposta di tenere annualmente gli Stati generali del vino rosé, perché essere un vino “che va di moda” non è sufficiente. Bisogna infatti lavorare per crescere e migliorare.
Michel Couderc, responsabile del centro studi ed economia del Conseil Interprofessionel Vins de Provence e ospite d’onore del convegno di “Italia in Rosa”, ha snocciolato una serie di dati impressionanti: la Francia ha visto crescere del 43% il consumo di rosé nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2014 ed ha dovuto divenire paese importatore per soddisfare la domanda interna e, adoggi, il 90% della produzione vinicola della Provenza è rappresentato dai rosé, che a loro volta occupano una quota del 40% sul totale dei rosati a denominazione prodotti in Francia (7,3 milioni di ettolitri).
E proprio alla Provenza, leader in Francia nei rosé Dop con oltre 150 milioni di bottiglie, si ispirano i produttori italiani di rosato. Alessandro Luzzago, presidente del Consorzio vini Valtenesi, ha detto che “l’attenzione per questa tipologia di vino è in crescita: in Italia siamo al 10%, in linea con la media mondiale e questo significa che c’è un grande spazio, una grande potenzialità espansiva sia della crescita della cultura di questi vini sia del consumo”.
Per potere crescere, però, si deve lavorare su punti di forze e debolezze. “In Italia una delle debolezze che abbiamo è quella di non avere statistiche, non avere dati sui quali basare strategie, percorsi e poterli verificare”, ha aggiunto Luzzago.
Proprio per arrivare con un messaggio chiaro ai consumatori mondiali, “il consorzio Valtenesi ha sviluppato un progetto di ricerca con il Centre du Rosé che è teso alla caratterizzazione della nostra identità, cioè cercare di capire qual è la nostra diversità, identità, caratterizzazione. Abbiamo appena investito per il prossimo triennio risorse più ingenti e passeremo ad analisi più fini per sviluppare anche un lessico che ci aiuti a descrivere le caratteristiche dei nostri vini”.
Tra le regioni italiane che più puntano sui rosati c’è la Puglia, come ha ricordato Lucia Nettis, presidente dell’Associazione Puglia in Rosé: “La Puglia è arrivata al momento storico di cominciare a ragionare in maniera univoca” e questo nonostante abbia tante aree territoriali diverse una dall’altra e, quindi, una produzione estremamente variegata. E, quindi, ha sostenuto che “proprio per questo le varie identità devono cominciare a ragionare unite, dobbiamo portare sui mercati, soprattutto esteri, una visibilità di vini rosati di Puglia uniti”.
Un obiettivo che l’associazione, con le 20 cantine aderenti (ma l’obiettivo è di arrivare alle 100 adesioni) sta cercando di portare avanti in modo fattivo: “Il primo passo concreto è l’Ocm vino, un progetto di promozione per il 2016-2017dove l’associazione presenterà, attraverso un progetto di circa 400mila euro, una promozione e una costruzione di rete vendita del vino rosato di Puglia nelle sue gradazioni, dal rosa chiaro al rosa scuro nei paesi di Three States America, East Coast America, California, Messico e Hong Kong”.
di Eleonora Albertoni
24 Giugno 2016