Di solito i filosofi non entrano in cucina. Ma Tullio Gregory, uno dei più ascoltati studiosi e pensatori italiani, consultato per tanti eventi nazionali, fa eccezione. È infatti anche gourmet. Per questo, senza alcuna esitazione, “boccia” la ristorazione veloce e si addentra anche nella formazione di coerenti “menù filosofici’”, dove le sue regole e i suoi tempi la fanno filo conduttore. Nell’interesse dell’uomo.
“Il fast food non è solo pessimo, ma anche irrituale”, ha detto Gregory nel sottolineare che ”ancora oggi sedersi a tavola esige rispetto del tempo dovuto, della successione delle pietanze, dei posti a tavola, del pranzo della domenica”.
Per pronunciarsi con severità, saggezza e tradizione, il filosofo non perde occasione. Lo ha fatto anche all’incontro su “Cibo, filosofia e spiritualità: gustare in tutti i sensi”, promosso a Modena nell’ambito di “Acetaie aperte”, dove ha ribadito che ‘”in un momento di grande attenzione agli chef e alla cucina, tanto più va recuperata la dimensione del tempo congruo ai fornelli e a tavola. Un ragù napoletano non si fa a cottura rapida. Il tempo è fondamentale nella grande cucina che sta poi nelle salse”.
E poi ha ammonito: ‘”Occhio alla moltiplicazione degli chef creativi: la cucina è duro e lento lavoro. Oggi, invece, si va al ristorante non per mangiare, ma per vedere o farsi vedere, per fotografare o farsi fotografare. Anche all’estero c’è molta attenzione al tema food, ma negli Usa si mangia sul divano e negli appartamenti moderni tra il mobilio sta scomparendo il tavolo da pranzo. Conserviamo gusti e tradizioni nello stare a tavola, a partire dalla cucina emiliana: oggi è più facile trovare nel menu il salmone crudo all’aneto che la lasagna”. E queste sono solo alcune delle sue perle di saggezza in cucina.
Stando in terra emiliana, dove la cucina ha grandi tradizione e qualità, grazie ad un terreno agricolo particolarmente fertile e florido e ad una cultura solida e attenta, il noto filosofo e gourmet ha ideato anche un percorso gastronomico. Lo ha fatto in occasione del recente “Festival della Filosofia”.
Ed è la gloria l’ingrediente principale dei nove “menu filosofici” ideati da Tullio Gregory per l’evento, dove ha sottolineato “la centralità del convitto nella civiltà umana” celebrandone gli artefici di cucina e di bottega.
Già professore di Storia della Filosofia alla “Sapienza” di Roma, fondatore del Centro Studi del Cnr sul Lessico intellettuale europeo, direttore dell’Enciclopedia Italiana di scienze, lettere e arti, edita dall’Istituto Treccani, membro del Comitato scientifico del “Festivalfilosofia” e noto gourmet, Tullio Gregory del resto ha già ideato menu per pranzi e cene filosofici all’insegna della tradizione.
Spiega: “Vi è chi cerca la gloria in cielo, chi in terra; chi nella contemplazione del vero, chi nella manipolazione del falso; chi sui campi di battaglia, chi negli spettacoli televisivi: ognuno cerca la gloria secondo miti e riti antichi e moderni, inseguendo modelli aristocratici o populisti, del santo martire o dell’icona pop. Noi, invece, abbiamo pensato di proporre una via ‘antropocentrica’ alla gloria, anche per reagire alle tante polemiche contro questo povero uomo: celebreremo le glorie del creato nelle mediazioni dell’homo faber e edens, dei cuochi, gloriosa stirpe di antichi sacerdoti del nostro vivere quotidiano: con loro potremo ripercorrere le strade maestre della cucina emiliana, in modo sobrio e umano, anche per uscire dalle strettoie problematiche dei vari ideali di gloria legati alla spettacolarità e al potere, al narcisismo, all’immagine e all’apocalisse del consenso”.
Da qui la sua idea di articolare i “menu filosofici” per rispondere al desiderio di una “gloria tutta mondana”, pronta a essere consumata in gustose portate create dalla tradizione enogastronomica emiliana.
Ecco dunque serviti in tavola i principi di gloria, vertici della nostra cultura, aristocratica e democratica, che si concretizzano nel trionfo della pasta sfoglia: dalle lasagne, ai tortelli ai tortellini, per finire con la torta di tagliatelle. Si passa poi alla gloriosa enciclopedia, non quella celeberrima di Diderot e d’Alembert, ma quella dell’animale per eccellenza enciclopedico, il maiale, servito in tutte le sue declinazioni: gnocco fritto e tigelle con lardo e affettati misti, gramigna al torchio rigorosamente con salsiccia, cotechino di Modena e piedini di maiale in agrodolce.
È il bollito misto, accompagnato da saba, salsa verde e mostarde locali a conquistare la sommità della gloria mundi, mentre i profumi di gloria sono quelli degli arrosti misti di galletto, faraona e coppa di maiale. Ai più golosi si consiglia un intermezzo di metamorfosi gloriose con delle croccanti fritture alla modenese con calzagatti, carne, verdure, frutta e crema; chi ama il pesce può tuffarsi invece nella gloria liquida del baccalà, dell’anguilla e dei pesci poveri, ricchi di fosforo, necessario ai nostri stanchi pensieri.
La gloria volatile del ragù di anatra e del piccione in casseruola racchiude le migliori proposte per gustare questi animali, quasi sempre di cortile (ma in fondo siamo tutti animali da cortile). Il pancotto, gli spaghetti alla cipolla e il tortino di patate conducono i commensali a un ascetismo glorioso, ma soprattutto goloso.
Si chiude con i notturni di gloria, un menu più semplice ma altrettanto saporito pensato per le ore piccole nelle enoteche, dove i pasti sono più rapidi, all’insegna di stria, gnocco al forno, prosciutto e affettati, parmigiano reggiano, pecorini e lambruschi modenesi, per chi è alla ricerca di fugaci ma appetitosi incontri. Non manca una soluzione veloce ed economica per pranzare e cenare, che secondo Gregory permette di seguire i ritmi delle lezioni magistrali e di assaporare piatti e prodotti tipici della provincia di Modena.
Insomma, è ben evidente che pranzare secondo i dettami del filosofo-gourment, attento all’uomo, non è pesante e pedante, ma anzi leggero, lieve, gustoso, convincente ma, ahimè, ancora troppo raro.
6 ottobre 2014
di Dario de Marchi