Ottimizzare le risorse statali, favorire la collaborazione tra pubblici e privati, investire nella formazione e nell’istruzione dei giovani e, soprattutto, potenziare le competenze manageriali che operano nel patrimonio artistico e culturale italiano: queste le scelte da assumere in favore della cultura affinché essa esprima non solo le sue potenzialità settoriali, ma divenga anche volano economico per la valorizzazione dell’enorme patrimonio nazionale.
Lo ha detto Roberto Grossi, presidente di Federculture (la federazione che riunisce i servizi pubblici delle aziende e degli di gestione del turismo della cultura e tempo libero), in occasione della presentazione, nella Biblioteca del Senato, del report annuale relativo allo “stato di salute” della cultura italiana. L’illustrazione è stata introdotta da Pietro Grasso, presidente del Senato della Repubblica. A tale proposito la Seconda carica dello Stato ha citato l’art. 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) come parametro di riferimento per l’azione pubblica e, poi, ha sottolineato che “l’Italia non trova le sinergie giuste per capitalizzare le sue consistenti risorse culturali”. Inoltre Grasso ha detto che “non va dimenticato non solo il valore sociale ma anche quello economico della cultura, che incide sul PIL”. Di conseguenza, ha concluso il presidente del Senato, “è necessario un nuovo Rinascimento culturale, tecnologico ed industriale del Paese”.
Dario Franceschini, ministro dei Beni Attività Culturali e Turismo, ha sottolineato l’impegno del governo e del suo dicastero nel valorizzare il patrimonio in modo competitivo e ha preannunciato una riforma interna e strutturale del Ministero. Ma secondo osservatori qualificati, tuttavia, tale riforma come tutte le altre rischia di essere lenta e graduale.
Il ministro ha posto in rilievo che l’esposizione universale EXPO Milano 2015 è un’occasione unica per riacquistare la fiducia nel patrimonio culturale italiano e per investire in cultura, con l’aiuto e il sostegno dei media.
Nell’illustrare il rapporto, Grossi hanno messo in evidenza la preoccupante posizione dell’Italia nello scenario globale relativamente alle politiche culturali, alla valorizzazione e la tutela del patrimonio. Tuttavia, secondo il presidente di Federculture, non bisogna perdersi d’animo e, anzi, guardare ai casi, seppur minimi, di imprese culturali italiane efficienti, come il Museo Egizio di Torino e l’azienda speciale PalaExpo di Roma che, sfruttando al meglio le proprie risorse umane in un’ottica di management, raggiungono un autofinanziamento di circa il 50% annuo. La gestione autonoma della cultura è, dunque, una soluzione da considerare se si vuole dare spazio alle giovani imprese e rianimare i nostri territori, anche e soprattutto per il turismo culturale. È necessario, inoltre, “portare la cultura verso i cittadini”, attraverso agevolazioni non solo sui biglietti di entrata, ma anche sulla musica e sui libri di scuola.
All’enfasi che Grossi ha riservato, ha fatto eco Salvatore Adduce, sindaco di Matera, appena designata Capitale Europea della Cultura 2019. “È troppo tardi per ritardare ancora il progresso culturale”, ha affermato Adduce, ribadendo l’importanza di rendere il patrimonio artistico accessibile e fruibile al pubblico, attraverso investimenti in tutti i settori, soprattutto nei trasporti e nelle infrastrutture.
Del resto, è noto, il codice dei beni culturali definisce il patrimonio artistico e culturale per il suo carattere assolutamente “pubblico” e specifica come debbano sempre sussistere quindi, delle condizioni agevoli per la fruibilità del bene da parte dei cittadini.
A tal proposito il presidente di Federculture ha auspicato una maggiore digitalizzazione dei musei (anche attraverso il nuovo Google Art project) e l’utilizzo strategico dei nuovi mezzi tecnologici, come il crowdfunding, per favorire la crescita dell’impresa culturale e, di riflesso, le condizioni di coinvolgimento del pubblico.
Ma la vera sfida per la contemporaneità, secondo Silvia Costa, presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo, è trovare il modo di produrre nuova cultura. L’Europa si sta muovendo per rilasciare più fondi e l’Italia dovrà essere in grado non solo di attirarli, ma anche di utilizzarli in modo sapiente, evitando di ripetere gli errori passati, quando i fondi sono rimasti in parte inutilizzati e sono quindi tornati all’UE.
Non è mancata una provocazione da parte di Carlo Fuortes (amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma – Auditorium Parco della Musica), secondo il quale, infatti, “la crisi potrebbe fare molto bene al settore culturale”, costringendo ad una migliore gestione dei fondi e a forme di organizzazione autonome della cultura, settore di cui – ha aggiunto – lo Stato dovrebbe essere meno dirigista e restare mero controllore.
Dall’illustrazione del rapporto di Federculture, insomma, è emerso che posporre le riforme sulla cultura e settorializzarla come qualcosa di minore importanza non fa che ritardarne ulteriormente il progresso e la valorizzazione. E di conseguenza si procrastinerebbero ancora gli effetti positivi che una migliore fruizione e gestione del patrimonio artistico italiano potrebbero finalmente apportare, non solo in termini culturali ma anche economici.
25 novembre 2014
di Valeria Spinelli