Una nota di attualità, una indiscrezione di «Marco Polo News», sull’attività di Franco Maria Ricci, domino dei vini e della Fondazione Italiana Sommelier, ma anche presidente dei sommelier della loro associazione mondiale. Quando nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi si è recato, con famiglia al seguito, in Vaticano in udienza dal Papa Francesco, ha portato con se una cassettina di pregiati vini toscani come suo dono al Sommo Pontefice. La selezione dei vini da donare al Santo Padre era stata fatto con grande accortezza e professionalità da Franco Maria Ricci. Del resto lui stesso ha siglato un accordo con la Presidenza del Consiglio dei Ministri perché i migliori vini italiani siano donati ai Capi di Stato ed ai Ministri di altri Paesi in visita in Italia. E se non è promozione del Made in Italy questa… (Patrizia Marin)
“Il vino? Nessuna crisi, è la nostra vera ricchezza”
“I nostri prodotti sono sinonimo di eccellenza nel mondo: se in tutti questi anni ci fossero state strategie diversi, oggi saremmo milionari”
Parla il re dei Sommelier, Franco Maria Ricci
di Elvira Gregorace
Se si dovesse paragonare Franco Maria Ricci a un vino sarebbe il giusto equilibrio tra un Pinot Nero ed uno Champagne. Possiede fiuto per gli affari e ha la capacità di attorniarsi di persone collaborative e competenti. Beneficia di sesto senso e gradisce la meritocrazia. Ha buon gusto sui cibi, sui vini e, perché no, sulle donne. Gli piacciono le novità e le calzature un po’ eccentriche. Estremamente comunicativo, per taluni versi affascinante, non ama la monotonia. Sul palco è uno showman, potrebbe vendere di tutto persuadendo un intero auditorio. Qualcuno lo definisce geniale, lui sorride ma gli aggrada l’appellativo. Non sa se sia nato come personaggio o lo sia diventato. Ha lavorato per trenta anni nel settore assicurativo come capo del personale. Ha avuto tantissimi contatti con persone note e di potere, ma solo telefonici, attraverso segreterie e non diretti, non riceve mai un ringraziamento, come se tutto fosse dovuto. Decide, ad un certo punto della sua esistenza, di voltare rotta e si dedica a tempo pieno ai suoi hobby. Ne ha avuto tanti, uno di seguito all’altro, tra questi la pittura. Espone anche in via Margutta, ma la sua generosità è tanta da regalare i suoi quadri. Dall’arte dei colori su tela si sposta all’arte dei piatti, incontra Gianfranco Vissani. Lo segue negli Usa, un mese tra New York e Los Angeles. Vere e proprie fasi, come i grandi artisti, raggiunge l’acme con il vino, il miglior mezzo di comunicazione che abbia appreso e che padroneggia con eleganza. Oggi conosce davvero tanta gente, uomini e donne, ma anche importanti, che raggiunge direttamente e tranquillamente sui cellulari, con le quali interagisce. Si dedica al mondo attraverso il prezioso nettare del quale conosce la grandezza ed il valore; elemento che avvicina l’uomo agli dei ed infatti il suo motto è: «Il vino è il canto della terra verso il cielo».
Cos’è la Fis?
«La Fondazione Italia Sommelier vuole continuare un percorso di comunicazione e divulgazione del vino che ho iniziato da decenni. Il sommelier non è più soltanto un ‘cameriere’ magari specializzato, ma è un conoscitore del vino che ama vivere e diffondere la cultura del vino. Oggi sommelier lo sono anche i medici, professionisti, industriali, professori universitari. Persone erudite che aiutano nell’obiettivo di diffondere la cultura del vino, anche in ambienti difficili e sfortunati, così da svolgere persino un’azione sociale. Ne avrei a iosa da elencare. Fis è desiderio di portare il mondo del vino vicino alle istituzioni, perché lo ritiene utile a cambiare un paese difficile da emancipare. Per combattere una politica che non aiuta il vino ma lo uccide. Fis è poi volontà di proseguire nell’attività di formazione; pochi hanno capacità di plasmare prima discenti e poi docenti di una certa struttura e preparazione, noi siamo consapevoli di rientrare tra gli eletti. Certo più delle scuole alberghiere, parcheggi, spesso, per allievi poco predisposti allo studio; vergognoso dover pensare che in cinque anni di scuola superiore non ci si dedichi affatto all’apprendimento del vino. Sarebbero bello avere una scuola alberghiera vera palestra dello studio dell’enogastronomia, della cultura italiana e del turismo. Intenditori di vino non sono, come erroneamente molti credono, coloro che conducono una vita agitata, ma i curiosi, gli estroversi, gli appassionati. Noi cerchiamo proprio loro. Per svolgere assieme opera di comunicazione del vino come cultura ed arte, Fis, in fondo, è una realtà educativa e culturale che aiuta l’Italia a crescere».
Tra i diversi incontri che ha avuto, quale è rimasto più impreso nella sua memoria?
«Quello con il principe Ranieri, nelle mie vesti di presidente della Worldwide Sommelier Association, quando mi chiese: «Perché voi italiani non diventate ricchi col pomodoro, il basilico ed il vino? Noi lo abbiamo fatto con due case da gioco e non facciamo neanche pagare le tasse».
«Negli anni ’60 la politica industriale permise la crescita economica della nazione e ci ha portati nel G7. Senza poter dare colpe ad alcuno, se chi disegnò il Paese avesse avuto maggiore intuito e le strategie fossero state diverse, mirando a valorizzare il cibo, il vino, la cultura oggi staremmo effettivamente meglio, forse ricchissimi. E dire che il vino di qualità in Italia nacque proprio cinquanta anni fa».
Il mondo del vino come affronta questo momento di crisi dell’Italia?
«Il vino la crisi non l’ha proprio vista. La produzione è aumentata, i ricavi cresciuti, anche sensibilmente, in misura superiore a quanto si pensi. Dunque, direi che il mondo del vino aiuta l’Italia a superare la crisi. Che poi, sovente, è mentale. Chi lavora bene, dando un prodotto di qualità e sapendolo vendere, in qualsiasi settore non chiude quasi mai l’azienda. Il nettare di Bacco, in particolare, rappresenta una risorsa economica enorme, inestimabile per l‘imprenditoria giovanile. Mi fa piacere che sia aumentato il numero di iscrizioni universitarie a viticoltura ed enologia. Mi fa sperare che i giovani abbiano compreso come la conoscenza e la serietà siano valori ben più importanti, anche dal punto di vista dei risultati economici, dell’approssimazione e del ladrocinio».
Perché alcune regioni del nostro Bel Paese hanno diverse Docg e altre nessuna?
«Docg è un marchio di locazione, non di qualità. Dunque non significa che le regioni che ne sono sprovviste non abbiano buoni prodotti. Non è il legislatore ma il produttore che deve realizzare e comunicare il buon vino. Certo, alcuni osano poco. Bisognerebbe investire di più in sperimentazione e innovazione, sia nei vigneti che nella cantina e, soprattutto, nel ‘sapere’. Occorrerebbe essere maggiormente comunicativi, stuzzicare, interessare. Chi genera un buon prodotto deve essere in grado, anzitutto, di commercializzarlo, altrimenti si spreca».
Quali regioni commercializzano meglio il vino?
«Mantengono da tempo il primato Piemonte, Toscana e Friuli Venezia Giulia, terre maestre di qualità e di comunicazione. Non può certo dirsi che non si noti: sul mercato nazionale e soprattutto all’estero».
Cosa pensa delle aziende che regalano ai clienti buone bottiglie nel periodo natalizio?
«Scelta giusta! Anche questo diffondere sapere e gaudio. Suggerirei di abbinare a una bottiglie un cibo proveniente dallo stesso territorio, affiancati da un bigliettino, scritto possibilmente a mano, che descriva di cosa si tratti. Quasi come se fosse una “scatola della cultura” che faccia conoscere meglio la propria terra. Queste sono le ricchezze del nostro Paese, l’enogastronomia è l’opulenza dell’Italia, arricchita ancor più dalla diversità, sempre positiva, tra le varie regioni. Non è un caso che tra gli ultimi vanti della Fis io metta l’accordo ottenuto con il presidente del Consiglio affinché omaggi gli altri capi di Stato con eccellente vino italiano».
Si avvicina il Natale, come consiglierebbe di concludere la cena della Vigilia?
«Si dovrebbe brindare con un buon spumante prima di desinare o nel pomeriggio. Non abbinare quindi lo spumante a fine pasto col dolce, risulterebbero stucchevoli. Concluderei il banchetto con un delizioso passito ghiacciato accompagnato da più formaggi, magari con miele e marmellate. Infine il panettone di mezzanotte di mezzanotte con una tappa di caffè o una grappa».
Un augurio agli italiani per il 2015
«Mi auguro che questo paese acculturi 51 milioni di persone che non sanno ancora cosa sia il vino. Il vino come cultura, come mezzo per stare assieme e comunicare. Per il bene dell’Italia, auspico che i giovani imprenditori riescano ad operare con entusiasmo, volontà, deontologia e professionalità, elementi purtroppo opposti alla mentalità odierna». *