L’Italia si scatta dieci selfie e dimostra di essere un Paese pieno di eccellenze. A premere il tasto e a scattare le foto è stata la Fondazione Symbola che ha lanciato il dossier “2015 – L’Italia in 10 selfie”, un report che ha l’obiettivo di far “cambiare lo sguardo sull’Italia per sfidare la crisi”, come ha spiegato il presidente Ermete Realacci. E già nel primo scatto il nostro Paese appare come uno dei soli cinque al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari. In compagnia di grandi potenze industriali come Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud. Mentre Francia (-34 mld), Gran Bretagna (-99) e Usa (-610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario.
Stando al dossier, anche nel secondo selfie emergono posizioni da podio: le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo e, su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale) nel 2012 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 prodotti.
Altra foto, altro primato. Considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è infatti uno dei paesi meno indebitati al mondo: quello italiano, nonostante crisi e austerity non siano state indolore nemmeno per le famiglie, pesa il 261% del Pil. Quello del Giappone il 412%, quello della Spagna il 305%, quello britannico il 284%, quello del Regno Unito il 284% e quello degli Stati Uniti il 264%.
Nel quarto selfie del dossier di Fondazione Symbola emerge che i prodotti agroalimentari italiani dominano sui mercati mondiali. E tra essi ben 23 non hanno rivali sui mercati internazionali e vantano le maggiori quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 54 per i quali siamo secondi o terzi. Nonostante la contraffazione e la concorrenza sleale dell’italian sounding, siamo sul podio nel commercio mondiale per ben 77 prodotti.
Ma non è tutto. L’Italia è anche il secondo Paese più competitivo al mondo nel machinery. L’industria italiana del machinery occupa i vertici delle graduatorie mondiali di settore. Nella classifica di competitività calcolata sulla base del “Trade performance Index”, elaborato dall’International Trade Centre dell’Unctad/Wto, l’industria italiana della meccanica risulta seconda solo a quella tedesca.
Il nostro Paese è in prima linea anche sul fronte ecologico. Dalla green economy arriva così il turbo per le imprese italiane. Il 22% delle aziende italiane, percentuale che sale al 33% delle imprese manifatturiere, nella crisi hanno scommesso sulla green economy, settore che vale 101 miliardi di euro di valore aggiunto, il 10,2% dell’ economia nazionale. Una scelta vincente. In termini di export, se consideriamo le imprese manifatturiere, evidenzia il dossier, il 44% di quelle che investono green esportano stabilmente, contro il 24% di quelle che non lo fanno.
Scelta vincente quella di andare nella direzione della green economy anche in termini di innovazione, visto che il 30% delle aziende manifatturiere che puntano sul verde hanno sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15% delle altre. Con i green jobs che sono diventati protagonisti della innovazione e coprono addirittura il 70% di tutte le assunzioni destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle nostre aziende.
Avanti tutta l’Italia, nel settimo selfie, si mostra anche leader in Europa per eco-efficienza del sistema produttivo. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale, con 104 tonnellate di anidride carbonica per milione di euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia). Siamo campioni europei nell’ industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono stati recuperati 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania sono 22,4).
Milano, la città dell’ Expo, spiega il report di Fondazione Symbola, è, insieme a Vienna, per raccolta differenziata, in cima alla classifica delle metropoli europee sopra il milione di abitanti e ha nel mondo, fra le grandi città, il primato delle persone servite dalla raccolta dell’organico.
E con la cultura l’Italia mangia. A mostrarlo è l’ottavo selfie che fotografa come la filiera italiana della cultura – comprensiva del valore prodotto dalle industrie culturali e creative, ma anche da quella parte dell’ economia nazionale che, come il turismo, viene ‘attivata’ dalla cultura (ogni euro prodotto dalle industrie culturali e creative ne genera 1,67 sul resto dell’ economia) – valga infatti il 15,3% del valore aggiunto nazionale: 214 miliardi di euro.
Ma non è tutto. Nel nono selfie l’Italia si mostra, nell’ eurozona, come la meta preferita dei turisti extraeuropei. Siamo il primo paese per pernottamenti di turisti extra Ue, con 56 milioni di notti. Siamo la meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat). Un risultato che ha solide radici nella bellezza e nella cultura di cui il Paese è ricco. L’Italia, non a caso, è il Paese che nel mondo vanta il maggior numero di siti Unesco nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’ Umanità (51 su 1001).
Infine, il decimo scatto che mostra come la coesione sia la ricetta per competere. Le imprese ‘coesive’ – quelle più legate alle comunità, ai lavoratori, al territorio, che investono nelle competenze, nella sostenibilità, nella qualità e bellezza – sono più competitive, rimarca il dossier di Fondazione Symbola. Nel 2013 queste imprese hanno aumentato il fatturato nel 39% dei casi rispetto al 2012, contro il 31% delle non coesive. Le aziende coesive hanno visto inoltre crescere l’ occupazione nel 22% dei casi contro il 15% delle altre. Non è forse un caso se, tra il 2007 e il 2012, pur senza misure pubbliche a sostegno, sono imprese italiane quelle che hanno guidato – dietro gli Usa – il re-shoring mondiale e rappresentano oggi il 60% delle rilocalizzazioni europee, conclude il dossier.
Ermete Realacci, presidente della Fondazione, ha spiegato l’obiettivo di questo rapporto: “Guardare l’Italia negli occhi per cambiarla. Per superare la durissima crisi che stiamo attraversando dobbiamo fronteggiare mali antichi: non solo il debito pubblico, ma la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, la mancanza di lavoro, il peso delle mafie e di una corruzione mai contrastata adeguatamente, una burocrazia spesso soffocante, il Sud che perde contatto. Non possiamo farcela senza un’idea di futuro, se non partiamo da quelli che sono i nostri punti di forza, se non mobilitiamo i talenti e le energie migliori. E per farlo dobbiamo guardare il Paese, i territori, le comunità, le imprese con attenzione e simpatia: con occhi diversi dalle agenzie di rating, senza rimanere prigionieri di pigrizie e preconcetti talvolta di importazione. È quello che la Fondazione Symbola cerca di fare attraversando l’Italia per leggere e mettere in rete le sue qualità. I dati, gli spunti che proponiamo in “L’Italia in dieci selfie” sono il frutto di questo impegno portato avanti con tanti compagni di strada. A cominciare da Unioncamere e Fondazione Edison, Aaster, Coldiretti, Ucimu e tanti altri soggetti e intelligenze. I rapporti e le elaborazioni che ne sono alla base si possono trovare su www.symbola.net. Di fondo la convinzione che, per affrontare la tempesta perfetta di questa crisi, l’Italia deve accettare le sfide di un mondo che cambia senza perdere la propria anima. E, come sta già facendo in molti campi anche senza politiche e riconoscimenti, incrociare innovazione e conoscenza con qualità, bellezza, green economy. Insomma l’Italia deve fare l’Italia”, ha concluso Realacci.
di Dario de Marchi
7 Gennaio 2015