Pomorete, la prima filiera italiana del pomodoro, diventa ancora più grande e raggiunge le 14 imprese aderenti. E la Rete – creata da Confapindustria – diventa di nuovo oggetto di studio: l’Università di Verona l’ha inserita tra le dieci filiere più interessanti in Italia e ne sta analizzando il modello. Alla grande famiglia del pomodoro partecipano ora anche la piacentina Carlo Manzella & C srl (trasforma, produce polpa e polpa fine), e le due imprese De Santis (di Salerno, labelling and cartoning machines) e ‘O sole‘ e Napule srl (cooperativa di produzione ortofrutta con 1500 ettari tra pomodoro, albicocche, pesche e arance). A distanza di un anno si aggiungono altri due partner, dopo Emiliana Conserve e Omce.
Il totale di pomodoro trasformato sale dalle 600 mila tonnellate a 650 mila. Il fatturato globale dai circa 500 milioni cresce a 600, con 3.000 dipendenti tra diretti e indiretti. Pomorete, quindi si presenterà rafforzata a Expo Milano 2015, dove ha firmato – prima fra tutte le filiere agroalimentari italiane – il protocollo della Regione Lombardia sul cibo sano, sicuro e garantito che viene proposto a tutti i Paesi partecipanti.
“Siamo soddisfatti dell’ingresso dei nuovi soci”, ha affermato Dario Squeri, presidente di Pomorete, “ed è importante la partecipazione di una cooperativa di agricoltori, un segnale di attenzione dal settore primario verso una realtà che fa della sicurezza, della qualità e della salubrità la propria bandiera. La Rete, poi, si conferma uno strumento ormai essenziale sia per lo sviluppo delle aziende in Italia sia per affrontare la competizione sui mercati internazionali”.
La filiera garantisce la tracciabilità totale e la sicurezza grazie alle aziende che si occupano delle analisi del terreno, delle sementi, della trasformazione fino al trasporto alla logistica e alla commercializzazione del prodotto finito. Il Dipartimento di Economia Aziendale (DEA) dell’Università degli Studi di Verona, con la Direzione Commerciale del Gruppo Banco Popolare, stanno conducendo una ricerca finalizzata ad analizzare, studiare e a favorire lo sviluppo dei nuovi modelli di business delle reti di impresa. L’attività di ricerca e collaborazione ha come scopo quello di individuare indicatori e strumenti per monitorare le performance delle imprese che aderiscono al contratto di rete e le loro potenzialità di sviluppo. Alla base dello studio c’è la competitività delle imprese aderenti, che deve basarsi su un modello di business dinamico in grado di evolvere anche grazie alle relazioni cooperative all’interno della rete.
di Valentino Vilone
1 Marzo 2015