Alitalia: un volo lungo 70 anni, dall’Iri a Etihad per rilanciare il Sistema Paese nel mondo. L’Alitalia, con la sottoscrizione dell’accordo con l’Etihad, volta definitivamente pagina. Per sé, per i suoi dipendenti e per quelli dell’indotto ma, soprattutto, per il Paese.
L’apporto di liquidità da parte della compagnia aerea degli emirati, infatti, consentirà al vettore aereo italiano di uscire, dopo decenni, dalle secche in cui, per varie ragioni sia endogene che esogene, si era impiantata.
L’annuncio è arrivato dal ministro Lupi al termine dell’incontro tra l’amministratore delegato della compagnia araba, Hogan, e il Governo a Palazzo Chigi.
Il ministro dei Trasporti, Lupi, ha definito l’accordo «un’iniezione di fiducia per il Paese», soprattutto dopo i dati sul Pil. «Ce l’abbiamo fatta, dopo un anno di lavoro, tanta fatica e tante notti», ha detto con soddisfazione Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Alitalia, commentando l’accordo appena firmato con Etihad. E una nota di Palazzo Chigi aggiunge: «L’incontro ha confermato l’esito positivo delle trattative con soddisfazione reciproca».
Lupi si è anche detto tranquillo sull’ultimo tassello mancante, l’ok dell’Ue, spiegando che ad inizio settembre verrà presentato il dossier all’Europa sull’operazione: nessuna preoccupazione nemmeno sull’ipotesi di aiuto di Stato per Poste, visto che la società pubblica ha dimostrato che si tratta di un investimento di mercato.
Tra gli aspetti definiti nelle ultime ore, c’è anche l’ok di Poste ad anticipare 25 milioni (un terzo del proprio investimento) per il prestito ponte da 150 milioni che servirà a garantire l’operatività di Alitalia fino al closing dell’operazione (gli altri 125 milioni li garantirebbero Intesa, Unicredit e Atlantia).
Come sarà la nuova Alitalia con l’ingresso nel suo capitale di Etihad? Sarà un vettore completamente diverso da quello che abbiamo conosciuto finora. James Hogan, ad di Etihad, dovrebbe rivoluzionare il network della compagnia italiana. Aumenteranno i voli a lungo raggio, specie da Fiumicino.
E nella flotta di Alitalia entreranno in prestito molti dei superaerei ordinati da Abu Dhabi. L’Italia dovrebbe diventare la base per dirottare verso Nord e Sud America i passeggeri in arrivo dall’Asia attraverso l’hub dell’emirato. Saranno intensificati i servizi di “navetta” verso il Golfo che, a quel punto, sarà la tappa per chi vorrà volare dall’Italia a tutte le destinazioni del Far East.
Alitalia diventerà parte integrante della ragnatela di intese e di rotte costruite con grande pazienza da Hogan negli ultimi anni: nel network ci sono Air Berlin Air Serbia, la svizzera Darwin, l’indiana Jet Airways, Air Seychelles e Virgin Atlantic.
È un “volo” lungo quasi 70 anni quello compiuto dall’Alitalia: si era aperto con l’Iri e adesso lo chiude con gli emiri di Etihad. In questi 70 anni Alitalia ha scritto un pezzo non indifferente di storia dell’industria aeronautica e dell’aviazione civile italiana. Fondata il 16 settembre 1946, la compagni a effettua il primo volo il 5 maggio 1947.
Da allora, dopo gli anni d’oro, la società viaggia per almeno altri 40 anni sotto il cielo sereno. La prima grave crisi risale agli anni Novanta. I problemi della finanza pubblica, a partire dall’inizio degli anni novanta, non permettono allo stato di finanziare la compagnia di bandiera, come sarebbe necessario per conservarne la posizione di leadership sul mercato italiano.
Nel giro di una decina d’anni, il traffico aereo italiano raddoppia, e bisognerebbe comprare nuovi aerei per servire nuove rotte. Ma i soldi non ci sono e così Alitalia, nel 2005, finisce per far viaggiare solo il 25% dei passeggeri contro il 50% di dieci anni prima. Nel 2006, l’azienda è prossima al fallimento e per salvarla il nuovo governo Prodi decide di vendere le quote in mano al Tesoro. Tuttavia la gara va deserta.
Un anno dopo, il governo riprova a vendere le sue quote, ma questa volta con una trattativa diretta. Il compratore è Air France, che nel frattempo si è fusa con la Klm. L’accordo prevede il pagamento di 1,7 miliardi di euro più esuberi per 2.100 lavoratori e una riduzione della flotta a 149 aerei, mantenendo tutte le rotte detenute al momento dell’accordo. A marzo 2008 il governo Prodi accetta le condizioni, ma era già stato sfiduciato alla fine di gennaio dello stesso anno. Per questo si sfilano prima i sindacati poi la stessa Air France-KLM.
Il motivo è evidente, il vincitore annunciato delle elezioni che si sarebbero tenute da lì a pochi mesi – ovvero Silvio Berlusconi – dichiara di essere contrario alla trattative perché la compagnia doveva restare italiana. Il presidente della società franco-olandese così riassume la posizione della sua compagnia: «In questo settore nessuna operazione di questo tipo si può fare in modo ostile e contro un governo». Ovviamente parlava del governo che si sarebbe presto insediato a seguito della vittoria del centro-destra. Risultato: l’accordo con Air France salta a trattative inoltrate e a rilevare un’Alitalia in caduta libera arriva la cordata Cai.
Il 13 gennaio del 2009 decolla ufficialmente il nuovo vettore, che unisce Alitalia ad Airone, sotto il sigillo Cai (Compagnia aerea italiana), con Air France-Klm partner strategico con il 25%. Il presidente è Roberto Colaninno, mentre Rocco Sabelli ricopre la carica di amministratore delegato. È solo il primo dei tre amministratori delegati rapidamente succedutisi al vertice della compagnia: nel 2012 arriva Andrea Ragnetti e successivamente Gabriele Del Torchio. L’operazione Cai diventa così il risultato del ‘piano Fenice’, disegnato da Corrado Passera, allora alla guida di Intesa Sanpaolo, insieme a una cordata di imprenditori italiani per salvare e difendere la nazionalità di una compagnia, che nella primavera del 2008 stava per passare in mano transalpina. Con il piano Fenice, la vecchia compagnia muore per rinascere dalle proprie ceneri. Il 13 gennaio 2009 decolla il primo volo della nuova Alitalia. Ma, nonostante l’ottimismo per alcuni segnali di ripresa, nei primi sei mesi del 2013 il bilancio della società registra 294 milioni di perdite. Ai primi di ottobre dello scorso anno gli aerei della compagnia rischiano di rimanere a terra per mancanza di rifornimenti.
Una boccata d’ossigeno arriva dall’aumento di capitale approvato dal consiglio d’amministrazione della società. E in soccorso di Alitalia si muove Poste italiane. Con Air France che, spettatore interessato, rimane alla finestra. Poi i francesi dicono no all’aumento di capitale deciso da Alitalia. A questo punto diventa necessario trovare un nuovo partner. Entra in gioco anche Poste Italiane, che entra nel capitale, ma non basta: serve un’alleanza con un vettore internazionale.
A fine 2013, sfumata l’ipotesi di Air France e concluso l’aumento di capitale, prende sempre più piede l’entrata in scena della giovane compagnia con base ad Abu Dhabi. Poi a febbraio c’è l’accordo tra Alitalia e sindacati sugli esuberi in vista di un accordo. Ma la trattativa è difficile, con diversi stop and go. Dopo il sostanziale disco verde della banche il nodo resta quello dei posti di lavoro, che non a caso è al centro del negoziato finale. Un mese fa si arriva alla stretta finale.
Il consiglio d’amministrazione di Poste Italiane deliberato un finanziamento di 70 milioni di euro a favore di una MedCo. Successivamente il consiglio d’amministrazione di Alitalia stabilisce di proporre all’assemblea degli azionisti, per l’8 agosto, di elevare l’aumento di capitale a 300 milioni. Il 1* agosto arriva la risposta positiva di Etihad, l’annuncia l’amministratore delegato dell’Alitalia, Gabriele Del Torchio. Sembra fatta, e invece manca il via libera di tutti i sindacati, senza il quale gli emiri non accettano di entrare. Il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi però è ottimista: «non mi sembra che ci siano più ostacoli insormontabili». Il 5 agosto Poste Italiane aumenta l’investimento in Alitalia da 70 75 milioni. Il 7 agosto sera anche la Uil aderisce all’accordo sol costo del lavoro e il nuovo contratto nazionale. E l’assemblea degli azionisti dell’Alitalia finalmente dice sì all’accordo con Etihad.
(di Dario de Marchi)