Per le donne in Italia far carriera nella ricerca è molto difficile. Nel nostro Paese, infatti, le occupate nel settore sono il 38% e arrivano al 44% in ambito pubblico. Ma se al livello iniziale le ricercatrici sono il 48%, salendo nella carriera scendono fino al 24%. Tra i direttori, poi, le donne sono ancora meno. È quanto si legge nel volume “Portrait of a Lady”, curato da Sveva Avveduto e Lucio Pisacane dell’Irpps-CNR.
Da anni si parla di “soffitto di cristallo” e “forbice delle professionalità”, studi e conferenze affrontano il tema, ma la presenza delle donne nelle sedi decisionali e ai vertici delle istituzioni della ricerca scientifica resta bassa. All’argomento è dedicato il volume “Portrait of a Lady”, edito da Gangemi e curato, con il collega Lucio Pisacane, da Sveva Avveduto, dirigente di ricerca dell’Istituto di ricerca sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr).
“Secondo il rapporto She figures 2013, realizzato dalla Direzione generale per la ricerca e l’innovazione della Commissione Europea, le donne ricercatrici sono il 32% del totale europeo (Eu27), anche se il tasso di crescita è maggiore di quello degli uomini”, ha sottolineato Sveva Avveduto, e “per 1.000 occupati si registrano nell’UE 7,6 donne contro 11,9 uomini. È donna il 40% di quanti lavorano nell’università (38% in Italia), il 40% negli Enti pubblici di ricerca (44% in Italia), il 19% nelle imprese nel settore (21% in Italia). La segregazione verticale è, dunque, ancora accentuata e se lo squilibrio fosse lasciato alla sua naturale correzione impiegherebbe decenni a colmarsi”.
Un capitolo del libro è dedicato al settore delle Public Research Institutions. “In Italia, per la peculiare configurazione economico-imprenditoriale, l’occupazione nei settori scienza e ricerca si realizza prevalentemente nelle strutture pubbliche”, ha spiega la ricercatrice dell’Irpps-Cnr. “I dati Istat pubblicati nel dicembre 2013 hanno messo in evidenza, anzi, come il personale in queste istituzioni aumenti (+4,3%) in maniera decisamente più rilevante rispetto al comparto privato (+0,2%%): i ricercatori pubblici sono 62.607, mentre nelle imprese 39.808. A determinare tale preferenza nell’orientamento femminile concorre anche la presenza di una serie di garanzie: dalle tutele della maternità all’eguaglianza di opportunità di accesso, fino all’avanzamento di carriera formalmente paritario”.
La situazione in Italia presenta luci e ombre, come emerge dai dati del ministero dell’Economia e delle finanze, dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, relativi al 2000-2012. “In 10 anni, vari provvedimenti legislativi da un lato non hanno consentito l’accesso a nuove forze, dall’altro hanno procrastinato la fuoriuscita pensionistica dagli Enti di ricerca, producendo una sostanziale stabilità”, ha precisato Avveduto, che evidenzia “la scarsa capacità del sistema di assorbire il personale precario”.
I dati Istat confermano che il 44,2% della forza lavoro nel comparto pubblico della ricerca appartiene al genere femminile, che nelle procedure concorsuali e selettive ha, in media, risultati migliori rispetto al maschile: ricercatrici e tecnologhe sono aumentate di 10 punti percentuali rispetto al 2000. Quadro però meno positivo se si considerano le posizioni apicali. “A dispetto del 48% di ricercatrici al grado iniziale della carriera, la percentuale femminile nel ruolo di primo ricercatore scende al 39% e tra i dirigenti di ricerca cala inesorabile al 24%”, continua la ricercatrice.
“Lo stesso si verifica per i tecnologi: appartengono al genere femminile il 44% del grado iniziale, il 34,6% dei primi tecnologi e il 22% dei dirigenti tecnologi. Ancora meno incoraggianti i dati relativi alla direzione: sono meno del 17% le donne tra i direttori di Istituti di ricerca e di Dipartimento, malgrado dal 2010 al 2012 ci sia stato un incremento del 3,6%, e non si conta neanche una presenza femminile su cinque direttori generali”, ha aggiunto la ricercatrice.
Il gruppo di ricerca dell’Irpps-Cnr, coordinato da Avveduto, ha vinto il Progetto europeo Horizon 2020 ‘Genera’, che porterà avanti iniziative sull’equità di genere nell’European Research Area.
di Eleonora Albertoni
18 Aprile 2015