Non ci sono dubbi che la cucina faccia cultura. Il Polo Museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli, in occasione delle “Giornate Europee del Patrimonio 19/20 Settembre 2015”, presenta nel Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo la mostra “La cultura attraverso il cibo a Castello: dalla Corte al Rinascimento”. La cucina coinvolge il mondo sensoriale attraverso sapori, profumi, sensazioni tattili e visive: addirittura suoni.
Tutte le proprietà organolettiche di un vino o di un preparato sono sempre state oggetto di attenzione degli “scalchi” per raccontare un piatto, per tramandarne e perfezionarne la ricetta. Tali figure coordinavano tra gli altri i bottiglieri di Corte che si occupavano del vino, della scelta e primo assaggio.
Esemplare è la figura di Sante Lancerio, bottigliere di Paolo III Farnese, il quale in una lettera inviata al cardinale Ascanio Guido Sforza, nipote del Papa, ci permette di rintracciare, con le sue 57 schede di vini conosciuti alla tavola farnesiana, quella che è considerata dai cultori enologici, la prima carta dei vini.
Oltre alla figura del bottigliere, la Corte rinascimentale attribuiva ruolo al cantiniere ed al coppiere per il servizio delle bevande alla tavola; al piano delle prigioni storiche di Castel Sant’Angelo c’è una cantina per lo scarico dall’alto come per le adiacenti Oleare.
Bartolomeo Scappi, cuoco personale di Pio IV e poi di Pio V, ma forse anche di Paolo III, fu il primo che introdusse l’impanatura prima della frittura, lasciandoci un’importante opera, il più grande trattato di cucina del tempo, che includeva oltre mille ricette e trattava degli strumenti di cucina e di tutto ciò che doveva conoscere un cuoco rinascimentale di alto livello.
La cucina di Corte a Castel Sant’Angelo nel XVI secolo, si ipotizza fosse negli ambienti adiacenti al Cortile delle Prigioni, tra la Stufetta di Clemente VII ed il Cortile di Leone X.
Nel corso della manifestazione sono state visitabili le Prigioni storiche e le Oleare, quest’ultime utilizzate per conservare l’olio sia per l’uso alimentare che per l’illuminazione. Fu nel primo deposito delle Oleare che nel 1981 fu girata una celebre scena del film di Mario Monicelli, “Il Marchese del Grillo”.
Aperti che i Silos dove veniva immagazzinato il grano, la Stufetta di Clemente VII, un vero gioiello architettonico della prima metà del Cinquecento, sala da bagno dei Pontefici, uno dei rarissimi esempi di bagno rinascimentale, la sala Cagliostra, ‘prigione di lusso’ destinata a detenuti di riguardo, che deve il suo nome a uno dei più famosi reclusi il Conte di Cagliostro e le Mole con le macine del tardo XVI secolo, e dove venivano immagazzinate le farine destinate alla guarnigione di castello.
di Eleonora Albertoni
20 Settembre 2015