La vendemmia è ancora in corso, ma è già ora della non facile raccolta dei tartufi, “sogno proibito” per i buongustai e delle cui quotazioni sul mercato mondiale spesso si favoleggia. Comincia oggi, per concludersi il 31 gennaio del prossimo anno, la stagione di raccolta del tartufo bianco d’Alba, che vedrà impegnati ben 4.000 cercatori, i cosiddetti trifolau, dotati di regolare patentino. E le previsioni sono già promettenti.
Il prezioso tubero si trova sottoterra e si divide in due specie: una con la polpa bianca e una con la polpa nera. Quello d’Alba è bianco. Dalla luna crescente di settembre e dalle piogge di fine estate le notizie più positive: quella che sta per aprirsi sarà, infatti, secondo gli esperti del Centro Nazionale Studi Tartufo di Alba, una stagione che sebbene al via un po’ in ritardo, dovrebbe durare ben oltre il periodo natalizio portando tartufi ancor più buoni e profumati. Per quanto riguarda i prezzi, le prime valutazioni si potranno avere solo almeno ad una settimana dall’inizio della raccolta e saranno visibili attraverso la borsa del tartufo.
“La stagione comincerà ad entrare nel vivo un po’ più tardi del solito a causa della siccità riscontrata a luglio nelle zone di raccolta. Ma ci auguriamo possa dare soddisfazioni nei mesi autunnali”, ha detto Antonio Degiacomi, presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo di Alba, secondo il quale “grazie alle piogge di fine agosto e a una straordinaria attività lunare prevista a settembre, i trifolau si aspettano che crescano tartufi di buona qualità e che possano arrivare ben oltre il periodo di Natale. Una notizia positiva per tutto il comparto turistico e ristorativo delle Langhe in quanto sarà possibile allungare la stagione di punta del tartufo fino al 2016″. E una costosa e delicate perla del Made in Italy.
Cuore della stagione di raccolta, come ogni anno, sarà la “Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba”, giunta all’85.a edizione e in programma dal 10 ottobre al 15 novembre prossimi e che sarà dedicata al cane da tartufo. Tra gli appuntamenti, domenica 8 novembre l’asta mondiale del tartufo bianco d’Alba, in cui la fanno spesso da padroni chef pluristellati di tutto il mondo che si contendono il tubero bianco a suon di costosi rialzi.
Il Tartufo Bianco d’Alba (Tuber magnatum Pico) è un fungo sotterraneo, non coltivabile, che vive in simbiosi micorrizzica con determinate piante arboree.
Questo tubero, tanto prezioso quanto saporito e del cui potere afrodisiaco si favoleggia, può essere di svariate forme. Il suo profumo caratteristico ed unico lo rende il “sogno proibito”, l’oggetto di follia e di passione di tutti i buongustai. Difficile descrivere a parole il profumo che questa “pepita” sprigiona: il ventaglio aromatico ha note che possono ricordare l’aglio, il fungo, il miele, … e anche qualcos’altro!
Di tartufi ne esistono moltissime specie, ma il tartufo bianco rinvenibile nelle Langhe e nel Monferrato e in poche altre aree italiane rappresenta la specie più pregiata ed è quella che può raggiungere le dimensioni maggiori.
Difficilmente c’è un modo per pagare l’acqua così cara come quando si compra un tartufo: esso ne contiene generalmente ben l’80%. Negli elementi minerali prevale il potassio, seguito dal calcio, sodio, magnesio, ferro, zinco e rame. Il valore del tartufo non sta, però, nel suo apporto alimentare, ma nella sua enorme capacità di produrre un enorme piacere nel fruitore.
A questa caratteristica va attribuita anche la grande differenza di quotazione di mercato esistente tra il tartufo bianco e le altre specie che dal punto di vista della composizione chimica sono molto simili. L’area di produzione del Tuber Magnatum Pico in Piemonte è concentrata soprattutto nelle Langhe, nel Monferrato e nel Roero, anche se vi sono stati dei ritrovamenti anche nell’Alessandrino e sulle colline Torinesi.
I Faraoni Egizi lo servivano nei loro sontuosi banchetti e i Sumeri ne mangiavano abitualmente. Era conosciuto nell’antica Arabia, nell’impero Babilonese e nella Persia di Alessandro Magno. La sua origine nel passato fu attribuita a diverse cause: dalla decomposizione organica al calore, dal fango per germinazione spontanea all’impatto del fulmine con il suolo. È stato addirittura considerato parte del regno minerale.
L’esistenza del tartufo è nota da sempre, ma fu solo a partire dal XVI secolo che venne riconosciuto come fungo. Alla fine del XVIII secolo, il mondo scientifico studiò il prestigioso “tuber magnatum”, il cui nome scientifico si deve al medico piemontese Vittorio Pico. La bontà del prodotto era conosciuta anche alla Corte piemontese e il Conte Camillo Benso di Cavour utilizzò il tartufo come mezzo diplomatico.
Solamente nel 1967, grazie alle ricerche del Centro di Studio sulla Micologia del terreno del CNR di Torino, fu dimostrato sperimentalmente il rapporto micorrizico pianta-tartufo.
Nel 1929 nacque la più importante manifestazione dedicata a questo magnifico prodotto e sogno proibito e causa di esaltazione e di follia dei buongustai: la “Fiera Nazionale di Alba“. Per valorizzare questo prodotto a livello mondiale, nel 1949, Giacomo Morra pensò di utilizzare il prezioso tubero come “ambasciatore” nel mondo della Langa e del Roero, inviando ogni anno il miglior esemplare ad un personaggio illustre della politica, dello sport e dello spettacolo. Da quell’anno i più belli esemplari furono donati a persone famose come Rita Hayworth, Harry Truman e Sophia Loren.
Nel 1996, è nato il Centro Nazionale Studi Tartufo di Alba, istituto unico al mondo specializzato nella ricerca e nella divulgazione della cultura tartuficola, dove si studiano i profumi, si ricercano nuove tecniche di conservazione, si raccolgono esperienze gastronomiche a base di tartufo, si organizzano seminari di degustazione.
di Dario de Marchi
21 Settembre 2015