Una nuova straordinaria opera d’arte arriva a Palazzo Strozzi di Firenze da Tunisi. È l’Erma di Dioniso (Erma di Mahdia), proveniente dal Musée National du Bardo di Tunisi che completerà la mostra “Potere e Pathos. Bronzi del mondo ellenistico” in corso fino al 21 giugno.
L’Erma di Dioniso è stata rinvenuta nel 1907 nel Mediterraneo vicino a Mahdia, al largo della costa orientale della Tunisia. È parte di un relitto di una nave che trasportava un vasto carico di cui facevano parte statuette, lampade, gambe di letti in bronzo, statue frammentarie, busti, tondi, vasi, candelabri monumentali ed elementi architettonici in marmo. Quasi tutte le opere del relitto sembrano risalire all’età tardo-ellenistica ed erano forse in viaggio dall’isola di Delo a Roma quando furono spinte fuori rotta e affondarono tra l’80 e il 60 a.C. circa.
L’Erma di Mahdia ha perso alcune sezioni nella parte bassa frontale e sul fianco sinistro del fusto (restaurate in resina epossidica), un accessorio sulla spalla e appendice sinistre (forse un’altra corona), una voluta del nastro e alcune foglie di vite sulla calotta, e gli inserti degli occhi. La superficie antica e stata corrosa dall’acqua marina e danneggiata dalla successiva pulitura. Il busto di uomo barbuto poggia su un alto fusto rettangolare, con due brevi monconi o appendici ai lati, al posto delle braccia. Il viso, dritto e rigido come una maschera, e incorniciato da capelli e barba stilizzati: tre file di ricciolini circolari sopra la fronte e le tempie; barba e baffi folti, con ciocche a linguella; barba a forma di vanga sul mento, con ciocche spiraliformi parallele, simili a quelle sulla calotta, che scendono sulla schiena e sulla spalla destra. Una complessa corona di nastri avvolti in una sorta di turbante copre quasi tutta la testa, e le estremità del nastro ricadono sulle spalle e lungo i fianchi del fusto. Dove queste terminano, sul davanti dell’erma, sono applicati genitali maschili sormontati da peli pubici.
Il “turbante” e le foglie di vite identificano il soggetto come Dioniso, qui nelle vesti arcaizzanti del dio vecchio e misterioso. Le erme (figure ridotte di divinità protettrici) fungevano da cippi di confine (con il fallo come strumento apotropaico) regolarmente decorati da immagini stilizzate di divinità. I capelli e la barba del Dioniso di Mahdia si rifanno soprattutto al cosiddetto Ermes Propylaios, un’erma di Alcamene del tardo V secolo a.C., che offriva una resa arcaistica del dio.
L’esposizione della Erma consente un confronto eccezionale. Sarà infatti in mostra accanto all’Erma Getty, di data e provenienza ignote, acquisita dal J. Paul Getty Museum nel 1979. È la prima volta, e si tratta di un evento davvero unico, che è possibile paragonare le due opere.
L’Erma di Mahdia è molto importante anche perché conserva i pampini (perduti nell’Erma Getty), che aiutano ad identificare la figura come Dioniso, qui nelle vesti arcaizzanti – e meno note – del dio vecchio e misterioso. Anche grazie all’ Erma di Mahdia è stato possibile riconoscere la figura di quella del Getty.
L’Erma di Mahdia è firmata, evento molto raro, anche tra quelle esposte a Palazzo Strozzi. Dei presunti quattro artisti noti con questo nome, Boeto di Calcedonia, che firmò il bronzo, era probabilmente l’unico attivo a Lindo e Delo nella prima meta del II secolo a.C. Gli è attribuita la statua di un ragazzo che strozza un’oca (Plinio, Naturalis Historia, 34, 84) e come quest’ultima, nota in varie copie romane, anche l’Erma di Dioniso diventò un’immagine popolare replicata in vari materiali e dimensioni, tra cui un altro bronzo (forse parte di una serie?) dall’officina dello stesso Boeto.
di Eleonora Albertoni
9 Maggio 2015