Erano le vecchie cantine di vino dei Torlonia, famiglia nobile romana, ma la storia le trasformò poi nel bunker segreto di Benito Mussolini. Ora però tornano ad essere accessibili e visitabili. A raccontare questo nuovo spiraglio che si apre in una storia ancora intrigante e oggetto di dispute politiche è Daniela Giammusso per l’Ansa. Uno stretto corridoio, lungo di più di 60 metri con un’entrata fino a ieri confusa tra gli alberi. Dentro, appena un paio di nicchie dove ancora oggi si possono vedere uno scrittoio, una branda per appoggiare i bambini, un gabinetto di decenza e un telefono per comunicare con l’esterno. Ma anche un sofisticato impianto di aerazione e filtraggio, in grado di garantire ossigeno a non più 15 persone per appena 3-6 ore, più porte antigas e antisoffio. Qui Benito Mussolini pensava di ripararsi dai primi attacchi della guerra, nel primo rifugio bellico allestito sin dal 1940 nella sua residenza di Villa Torlonia, lungo la via Nomentana a Roma, dove visse dal 1929 al ’43, e che apre per la prima volta al pubblico, in un percorso che dopo sei anni di chiusura recupera anche gli altri due bunker, ricavati successivamente sotto al Casino Nobile.
Si tratta di un progetto che è frutto della collaborazione tra Roma Capitale, Sovrintendenza capitolina e l’Associazione culturale Ricerche Speleo-archeologiche Sotterranei di Roma, che poi gestirà le visite guidate.
“È una iniziativa che ci ricorda quanto sia importante coltivare la memoria, anche in un’Europa, e che grazie a Dio ha superato quei nazionalismi che portarono alle guerre”, ha commentato Ignazio Marino, sindaco di Roma.
Ricavato dalle vecchie cantine di vino della famiglia Torlonia, quel primo rifugio pur ben attrezzato (aveva tre uscite: accanto al teatro, al Campo dei Tornei dove il Duce giocava a tennis e in un pozzo) e ”nascosto” sotto il laghetto del Fucino, non era però davvero sicuro, coperto solo da alcuni metri di tufo e così distante dal palazzo. Ecco allora che Mussolini ne volle un altro a cui accedere proprio dal Casino Nobile, progettando intanto quello più ”celebre” e allora previsto come ipertecnologico, ma mai ultimato, scavato nel 1942 sei metri e mezzo sotto il livello del terreno, con una copertura in cemento armato spessa 4 metri e pareti a forma di cilindro per attutire le onde d’urto delle bombe.
”Mancavano solo le tecnologie e sarebbe stato un rifugio in grado di sopportare anche un attacco atomico”, ha raccontato Lorenzo Grassi, coordinatore del progetto per Sotterranei di Roma.
Come racconta ancora Daniela Giammusso, a testimoniare le lungaggini dei lavori dell’epoca, anche gli appunti con le lamentele di Mussolini sui costi e i tempi di Roma, che esposti nel percorso strappano un sorriso e un sospiro a Marino e all’ex sindaco Valter Veltroni, il primo nel 2006 ad aprire il bunker al pubblico.
Ma le testimonianze riprodotte nei lunghi corridoi narrano anche i bombardamenti su Roma, la rete di rifugi e sirene antiaeree (ben 4 chilometri) che la città conserva ancora. E poi l’armistizio con la voce di Badoglio in una radio d’epoca e il progetto di uccidere Mussolini bombardando contemporaneamente Palazzo Venezia e Villa Torlonia il 19 luglio del ’43, annullato in extremis da Churchill perché avrebbe regalato ulteriore popolarità al Duce, con gravissime perdite tra i civili.
”Questi rifugi”, ha commenta Giovanna Marinelli, assessore alla cultura del Comune, “sono simbolicamente molto importanti, perché qui si doveva salvare Mussolini, e il restauro li rende molto suggestivi portandoci a riflettere su temi come l’orrore della guerra e della dittatura. Ma sono parte di un più ampio progetto per fare conoscere a tutti una Roma meno nota. Il prossimo bunker che riapriremo sarà quello della famiglia reale, sotto Villa Savoia, a Villa Ada. Quindici giorni fa abbiamo risolto i problemi di accatastamento, ora dobbiamo procedere con i restauri”.
26 ottobre 2014
Redazione