Si inaugura oggi la mostra “De Chirico in 101 libri” a cura di Andrea Kerbaker, alla Kasa dei Libri, a Milano, con un artista che ha segnato il Novecento: Giorgio de Chirico, che nella sua prolifica attività editoriale si mostra molto diverso da come viene percepito dall’immaginario collettivo, soprattutto se esplorato in volumi e tirature rare e limitate che pochissimi conoscono. Così come le quasi 100 tavole illustrate, in mostra, create appositamente dall’artista per i suoi libri.
Nel 2017 alla Kasa dei Libri si fece una mostra di Miró, che rivelava un amore viscerale per i libri durato tutta la vita con una copiosa produzione di volumi illustrati e d’arte, copertine e collaborazioni internazionali per cui creava quasi sempre opere originali. L’anno dopo, 2018, è stato il turno di Matisse: il suo rapporto con i libri ci ha svelato un lato meno noto, nascosto tra le righe, dietro le copertine, nella mano che ritaglia fogli colorati e disegna linee in bianco e nero e che ha corrisposto per lui a un percorso di sottrazione, un cammino verso l’essenziale.
“E de Chirico?”, si è chiesto il padrone di Kasa Andrea Kerbaker, iniziando un percorso di ricerca che all’inizio non sapeva dove l’avrebbe potuto condurre e che, ora che è finito e viene messo in mostra, ha portato alla luce un de Chirico prolifico e instancabile, che nella sua produzione editoriale ci fa quasi dimenticare il pittore che tutti conoscono.
A Kerbaker piacciono le sfide, si sa, e dopo qualche dubbio iniziale “Il pubblico capirà questo de Chirico? Lo saprà apprezzare? Saprà guardare oltre?” la mostra ha preso vita. Si tratta di un percorso decisamente originale, che prende l’avvio al termine del periodo di stretta osservanza metafisica (fine degli anni ‘20) per il quale non ci sono troppe testimonianze in volume, e accompagna l’autore per oltre quarant’anni di vita, con collaborazioni anche molto originali.
Prova ne sono le quasi 100 tavole che illustrano vari libri e quasi mai si trovano esposte in questo modo. Originale anche l’allestimento realizzato dagli architetti Matteo Ferrario e Salvatore Virgillito che rimanda all’immagine più iconica di de Chirico, lo spazio vuoto di una piazza scandito da portici e dalle loro lunghe ombre. Un racconto fatto di parole ed immagini suddiviso in quattro sezioni che rivelano un de Chirico inaspettato e poco e
sposto.
Si parte da de Chirico illustratore, a cominciare da Le mystère laïc di Jean Cocteau del 1928, che altro non è che uno studio indiretto su de Chirico ed è arricchito da molti testi di Cocteau, anche in qualità di artista.
Del ‘41 è l’Apocalisse, una delle migliori prove da illustratore che non conserva praticamente traccia dell’immaginario metafisico ma affonda le sue radici nell’iconografia più classica dei testi sacri; in mostra le spettacolari 22 tavole in grande formato colorate dall’artista per la seconda edizione numerata.
Un altro particolare e ricercato gruppo di tavole è quello realizzato nel 1962 per l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), dove l’artista trasla in rappresentazioni mitologiche tutti i campi di intervento della società.
«[…] Quando mi è stato richiesto di fare una serie dei disegni colorati dedicati all’attività dell’ IRI mi è parso che il modo più poetico e che maggiormente rispondeva al mio modo di sentire fosse questo […]. E d’altra parte oggi i grossi complessi finanziari sono il mito del nostro tempo. Giove con i fulmini può ricordare I’IRI come le industrie produttrici di energia elettrica. Facile è l’accostamento degli aerei dell’Alitalia al cavallo alato Pegaso. […] E per ultimo ho composto, pensando ad Edindustria, la casa editrice che cura le pubblicazioni dell’IRI, la vita silente con il busto di Minerva e i libri». Un altro capitolo è costituito dai disegni realizzati nel 1968 per accompagnare la traduzione che Salvatore Quasimodo realizza dei versi dell’Iliade nei quali riemerge la
passione di de Chirico per la mitologia classica.
È documentato anche tutto l’ampio lavoro di de Chirico come autore, non prolifico come il fratello Alberto Savinio, ma buon praticante della scrittura. Ci sono alcuni dei saggi critici, anche quelli poco noti scritti in giovane età, ci sono le teorizzazioni sulla tecnica pittorica, sulla storia dell’arte e gli altri artisti. In particolare c’è il romanzo Hebdomeros, le peintre et son génie chez l’écrivain, presente in mostra sia nella rara prima edizione parigina del 1929 sia in quella lussuosa, pure numerata, pubblicata alcuni decenni dopo con 25 tavole di grande formato.
Emerge in questa sezione l’indiscussa fortuna che de Chirico ebbe come artista fin dagli inizi della sua carriera, a partire dalle prime grandi esposizioni degli anni ’20 fino alla consacrazione con la mostra del 1970 a Palazzo Reale di Milano. In mostra cataloghi italiani e da tutto il mondo: dalla Germania al Giappone, dall’Olanda agli Stati Uniti.
Interessante è la distinzione che si riscontra all’interno delle monografie tra il periodo metafisico e quello successivo, come nel testo The Early Chirico, in cui già negli anni ’40 quello di cui si parla è il “primo de Chirico”; con molta probabilità è proprio il giudizio critico dell’autore sul proprio lavoro che influenza le scelte all’interno di monografie e cataloghi, di frequente ispirate proprio dallo stesso artista e spesso scritte dalla moglie Isabella Far.
Infine, una nutrita e curiosa sezione è dedicata alle riviste d’epoca che hanno riservato all’artista ampio spazio: non solo articoli a sua firma, ma anche interi fascicoli da lui appositamente illustrati come quelli dei Promessi Sposi pubblicati sulla rivista Tempo, e per i quali nel ’64 si guadagna la prima pagina di solito riservata alle star del cinema. Molto alta è l’attenzione che le maggiori riviste di consumo dedicano a de Chirico, con approfondimenti, interviste e servizi fotografici che lo ritraggono in posa nel suo studio, spesso anche insieme a noti personaggi dell’epoca.
Emerge da questo materiale una popolarità molto diffusa che non ha paragoni nel presente: un de Chirico “personaggio”, molto amato dai rotocalchi, anche perché portatore di una vis polemica pungente che andava contro tutto e tutti e non risparmiava nemmeno se stesso, come nella celebre polemica sui falsi-veri realizzati dall’artista in persona. Si legge infatti nelle pagine della rivista Epoca del 1968: «Il pittore ha sempre dato una caccia spietata ai suoi falsi, ma negli ultimi tempi l’ha intensificata. Se in una galleria, in un museo o in una casa privata de Chirico scopre un suo quadro ma nutre dei dubbi circa la sua autenticità, è capace di strapparlo dalla cornice o di sfregiarlo con un temperino».
Grande interesse nel pubblico dovevano suscitare anche le opinioni sul mondo dell’arte che de Chirico affidava alle pagine di riviste come L’Europeo. In un pezzo del 1952 dal titolo Parla il nemico della pittura moderna, Manet viene definito «il primo cattivo gran pittore»; nessuno sconto neppure per Gauguin: «i suoi scritti ed i suoi poemi sono tutt’altro che brutti, ma, per quanto riguarda la pittura, è zero» e per Dalì chiosato come «pittore sgradevole e incredibilmente oleografico».
Da Epoca a Gente dall’Europeo ad Oggi, le riviste esposte ci fanno immergere nel mondo dell’informazione tra gli anni ’40 e i primi ’60, per cui de Chirico firma articoli critici che danno un’idea ben precisa del suo ruolo nella società italiana, senz’altro molto distante dal pittore metafisico delle piazze ideali che tutti conoscono, ma che ci rivela l’uomo in tutte le sue sfaccettature.
Redazione
17 Gennaio 2019