Il turismo italiano, il nostro “petrolio”, ricomincia a dare segnali positivi. L’estate si è infatti chiusa con dati positivi per gli alberghi italiani. Finalmente hanno registrato un incremento delle presenze del 4% e l’andamento dei primi nove mesi dell’anno si è confermato in ripresa. “È stata un’estate in buona crescita quella appena trascorsa per il turismo italiano, con un +4% di presenze alberghiere da giugno a settembre”, ha detto Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, in occasione dell’apertura a Rimini Fiera di “TTG Incontri”, “SIAGuest” e “SUN”, le manifestazioni d’eccellenza del settore e del comparto, in programma su 100 mila metri quadrati fino al 10 ottobre.
Ma Bocca ha anche ammonito: “ora non si prenda a pretesto questo andamento finalmente positivo, dopo anni di crisi nera e recessione, per tassare ulteriormente un settore che se sta rialzando a fatica la testa e producendo ricchezza per il Paese lo deve alla professionalità ed al sacrificio di decine di migliaia di imprenditori e centinaia di migliaia di lavoratori”.
Il riferimento di Bernabò Bocca, come lui stesso ha spiegato, “è relativo all’ipotesi circolata in questi giorni di aumentare l’imposta di soggiorno che, tra l’altro, è già la più alta in Europa e per la quale inviterei il Governo a fare i controlli e far pagare la tassa a tutti quelli che la devono pagare a cominciare dai bed and breakfast abusivi (ne spuntano ogni giorno di nuovi) e agli affitti brevi di seconde case (anche di una sola notte). Per il solo Giubileo straordinario il CENSIS ha stimato un rischio per gli affitti in nero che potrebbe arrivare a 40 milioni di € in meno di incassi fiscali”.
Come risulta dall’ultimo report realizzato dalla Federalberghi con il supporto dello Studio Becheri, finora sono 735 i Comuni italiani che applicano l’imposta di soggiorno (712 comuni) o l’imposta di sbarco (24). Tali comuni, pur costituendo ‘appena’ il 9% degli 8.047 municipi italiani, detengono il 56,3% della capacità ricettiva nazionale ed ospitano il 66,8% dei pernottamenti che i clienti italiani e stranieri effettuano ogni anno nel nostro Paese.
Questi 735 Comuni si distribuiscono per il 34,3% nel Nord-Ovest, il 24,8% nel Nord-Est, il 19,6% nel Centro e il 21,4% nel Mezzogiorno. Il 22,8% dei Comuni (162) che applicano l’imposta sono località balneari. Un peso analogo è rivestito dalle località montane (159 comuni; 22,3%) e collinari (154 comuni; 21,6%). Le città d’arte sono ‘solo’ 65, ma comprendono le cosiddette capitali del turismo italiano, che muovono grandi numeri. Le destinazioni lacuali sono 86 e quelle termali 31.
“Altro tema al quale guardiamo con attenzione e preoccupazione”, ha aggiunto il presidente degli albergatori italiani, “è il percorso di modifica della tassazione sugli immobili. L’IMU più la TASI pagati nel solo 2014 dal comparto ammonta a circa di 893 milioni di Euro, pari a 817 Euro per ciascuna delle 1,1 milioni di camere esistenti nei circa 34 mila alberghi italiani. La proposta che avanziamo è di riconoscere la tipicità dell’immobile alberghiero, che costituisce un investimento ad uso produttivo, al pari dei cosiddetti imbullonati che si prevede di esentare, aumentando la deducibilità degli importi pagati dalle strutture ricettive”.
Infine, Bocca si è soffermato sulla “promozione, attività senza la quale il recupero registrato quest’anno rischia di dissolversi già nei primi mesi del 2016. Non possiamo infatti riposare sugli allori e riteniamo come sarebbe ora che l’ENIT, appena riformato, venisse messo in condizioni di operare attivamente, altrimenti ne soffrirà l’intero sistema turistico nazionale”.
di Leonzio Nocente
8 ottobre 2015