Come nel controverso film “La grande Bellezza”, la Roma barocca svelerà vizi e miserie della Capitale nel ‘600.
Sono oltre 50 le opere provenienti dalle maggiori collezioni europee, pubbliche e private, infatti, che racconteranno il lato oscuro della Roma barocca in una mostra che sarà allestita dal 7 ottobre al 18 gennaio negli spazi dell’Accademia di Francia, all’interno della Villa Medici (territorio francese) che sovrasta la celebre Scalinata di Trinità dei Monti.
Saranno esposti i dipinti di Lorrain, Bourdon, Bramer, de Ribera e dei grandi Caravaggeschi, dei Bamboccianti, che nelle loro tele immortalarono i vizi, le miserie, gli eccessi della città eterna, a fronte degli splendori della corte papale.
Intitolata “I Bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria”, l’originale esposizione è frutto della collaborazione tra l’Accademia di Francia a Roma-Villa Medici e il Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, dove la mostra poi andrà in seconda battuta dal 24 febbraio al 24 maggio 2015.
La curatela è stata affidata alla storica dell’arte Francesca Cappelletti, tra i maggiori esperti del ‘600, e ad Annick Lemoine, responsabile del dipartimento di Storia dell’arte dell’Accademia di Francia. Insieme le due esperte hanno selezionato opere significative, in grado di illustrare un aspetto della produzione artistica del tempo che traeva ispirazione dal mondo delle taverne, dei luoghi di perdizione, ma al tempo stesso ricca di paradossi e invenzioni destinati a sovvertire ordine stabilito.
La mostra di Villa Medici per la prima volta indagherà questo aspetto spesso trascurato del movimento pittorico romano, da Caravaggio a Claude Lorrain, rivelando il volto nascosto della capitale del papato, fastosa e virtuosa, e dei numerosi artisti che lì vissero.
Nel ‘600, infatti, Roma era il crocevia culturale più vivace d’Europa, capace di attirare pittori, scultori, architetti anche per le rilevanti commesse delle nobiltà e della corte papale, in una gara continua per cambiare e abbellire palazzi, chiese, piazze.
Così italiani, francesi, olandesi, fiamminghi, spagnoli calarono a Roma in gran numero, sovvertendo con il loro genio i codici espressivi dell’epoca e i canoni di bellezza, proprio a partire dal confronto con gli ambienti malfamati, la vita notturna e i suoi pericoli, il Carnevale e le sue licenze.
Un mondo burlesco e poetico, volgare e violento, un misto di furbizie e meschinità, arroganza e umiltà, violenze e sopraffazioni che per alcuni si trasformò in tema centrale della propria produzione.
Il percorso espositivo a Villa Medici sarà un susseguirsi di quadri, disegni, stampe, realizzati, tra gli altri, da Claude Lorrain, Valentin de Boulogne, Jan Miel, Sebastien Bourdon, Leonaert Bramer, Bartolomeo Manfredi, Jusepe de Ribera, Pieter van Laer, dai Caravaggeschi, dai Bamboccianti, dai principali paesaggisti italianizzanti. In diversi casi si tratterà di opere provenienti da raccolte private e, quindi, raramente allestite in mostra.
Ecco dunque, in un fluttuare dall’ebbrezza bacchica alla malinconia, l’esplorazione dei bassifondi romani del ‘600, punteggiata da vedute e paesaggi, alterati da dettagli dissonanti, burleschi o scatologici, abitati da mendicanti, prostitute, travestiti, vagabondi o briganti.
Dipinti e grafiche racconteranno così una lunga serie di vizi e degenerazioni, collegati a pratiche condannabili e condannate, come quelle del tabacco, dell’alcol, del gioco e dei piaceri di Venere, pericolose cause di perdita della ragione e della moralità.
Spesso gli artisti si ritraevano in prima persona in tale contesto di perdizione, giocando sull’ambiguità tra realtà e finzione e quasi precorrendo il mito dell’artista bohèmien. All’origine di questa produzione artistica e nel solco di Caravaggio, si trovano le invenzioni stilistiche e poetiche di una comunità internazionale che si stabilì proprio vicino a Villa Medici, tra i quartieri di Santa Maria del Popolo, Sant’Andrea delle Fratte e San Lorenzo in Lucina.
Alcuni di loro di loro si riunirono persino sotto le insegne dei Bentvueghels (gli Uccelli della banda), un’associazione di pittori del nord Europa che invocando la protezione di Bacco, dio del vino e della creazione artistica, diventarono i turbolenti protagonisti della vita delle taverne.
5 ottobre 2014
di Dario de Marchi