Il vastissimo patrimonio artistico culturale esposto nei musei italiani soffre di scarsa redditività, appannaggio quasi esclusivo di quelli di proprietà privata. Eppure questa immensa ricchezza è il nostro petrolio e, soprattutto, non ci può essere copiato e, quindi, la nostra potenziale competitività resta enorme.
“C’è un tesoro nei musei italiani che lo Stato non riesce a trasformare in guadagni. Si tratta dei servizi aggiuntivi: dalle visite guidate ai libri, dalla ristorazione alla prevendita dei biglietti online, affidate in base a contratti scaduti da anni e prorogati o rappezzati fino ad oggi. A beneficio di pochi privati”. A quanto scrive il settimanale “L’Espresso” in una inchiesta pubblicata nel numero in edicola da venerdì 9 dicembre.
“Le aziende che noleggiano audioguide o vendono t-shirt di Leonardo da Vinci”, secondo il settimanale, “hanno incassato dal 2001 più di mezzo miliardo di euro, ma al ministero hanno versato meno di 75 milioni, neppure il 15%. “Società come il gruppo Civita (che fa capo a Luigi Abete e Gianni Letta), Electa-Mondadori e Coopculture (affiliata alla Lega delle cooperative)”, scrive ancora ‘L’Espresso’, “si spartiscono alcune delle principali cornucopie turistiche nazionali, come il Colosseo o gli scavi di Pompei”.
Sull’argomento il settimanale ha ascoltato anche il ministro Dario Franceschini, il quale ha annunciato: “Voglio trasparenza assoluta.
Dobbiamo finirla con questi monopoli mascherati. Trovo assurdo che lo Stato non partecipi direttamente alla gestione della parte più redditizia dei musei. Penso si debba tornare, almeno in un’opzione di scelta, alla titolarità pubblica”.
E pur considerandola “non ancora pronta”, scrive ancora ‘L’Espresso’, “Franceschini ha già deciso quale sarà la pedina che rappresenterà lo Stato: Ales, una società dal passato tormentato, amministrata da Giuseppe Proietti“.
Criteri e contenuti delle nuove gare per i servizi aggiuntivi, ricorda il settimanale, saranno gestiti dalla Consip, la centrale d’acquisti per la pubblica amministrazione.
“È il progetto più bello e importante dei nostri 18 anni di storia”, ha affermato l’amministratore delegato Consip, Domenico Casalino: “Il nostro obiettivo e’ fare esplodere il fatturato dei monumenti dagli attuali 380 milioni stimati a livello nazionale a due miliardi e mezzo nel 2017”.
Sempre secondo quanto riporta ‘L’Espresso’, nel 2013 a Roma, “fra visite guidate, merchandising, prenotazioni, spuntini e caffè, monumenti e musei statali hanno incassato oltre 17 milioni di euro, ma ben 15 sono rimasti ai concessionari”. Al Colosseo, in particolare, “8 milioni sono stati trattenuti dai concessionari e solo 1,2 milioni sono andati alla Soprintendenza, appena il 13%. Per la Domus Aurea la Soprintendenza ha incassato solo 4 euro su 12 di ogni biglietto emesso. Gli Uffizi, nonostante la mole assicurata di turisti e profitti, trattengono solo il 14,2% dei ricavi e riconoscono ai privati il 25% degli incassi da biglietteria. Ad Arezzo solo un euro ogni 20 incassati dagli affreschi di Piero della Francesca nella basilica di san Francesco va alle casse pubbliche. Il resto va ad un’associazione di imprese composta da Mosaico, Munus e da una cooperativa locale”.
di Eleonora Albertoni
8 Gennaio 2015