Dopo 500 anni di oblio, con dentro pure un’intrigante storia di Papi nobili, riemerge uno stupendo quadro del Rinascimento italiano. E a svelare un dipinto celato per secoli, assieme ai segreti delle stanze vaticane, di una donna dalla folgorante bellezza, di uno dei Papi più discussi della storia, che si intrecciano con la vita artistica di pittore sublime, è una mostra che dal 1° dicembre prossimo (sino al 31 gennaio) si terrà al “Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi”, di Cortina d’Ampezzo, la “perla delle Dolomiti”. È il quadro “Il Bambin Gesù delle Mani”, di Bernardino di Betto Betti, più noto come Pinturicchio (o Pintoricchio), uno dei maggiori pittori del Rinascimento, nato a Perugia nel 1454 e morto a Siena l’11 dicembre 1513. Il soprannome di Pinturicchio derivava dalla sua corporatura minuta: egli stesso fece proprio quel soprannome usandolo anche per firmare le sue opere.
Il dipinto, gemma dell’arte umbra rinascimentale, oltre ad essere unico per la sua singolare bellezza e prezioso per la trama e la storia della sua genesi, è soprattutto custode di uno dei più scandalosi ed intriganti misteri del passato della Roma di Papa Borgia. Raffigura un Bambin Gesù benedicente, colto da una più vasta composizione, sorretto dalle mani della Vergine Maria (qualcuno sostiene che potrebbe avere le fattezze di Giulia Farnese), mentre un’altra mano gli accarezza un piede.
Dopo una oblio di cinque secoli, a riesumare questo stupendo dipinto è stato il prof. Franco Ivan Nucciarelli, uno dei maggiori consulenti d’arte italiani, docente universitario che a quest’opera sta dedicando attività e insegnamento. A rendere finalmente apprezzabile, dopo che negli anni scorsi il quadro è stato ammirato ed apprezzato all’estero (dal Guggenheim di New York, al Musèe Maillol di Parigi e fugaci comparse in Italia) è stato il lodevole mecenatismo della “Fondazione Guglielmo Giordano”, di Perugia, che è proprietaria, dopo il “ritrovamento”, del quadro del Pinturicchio.
Ed ora “Il Bambin Gesù delle Mani” approda a Cortina d’Ampezzo, al culmine della stagione turistica invernale, grazie anche al supporto dell’agenzia di comunicazione KRT (dei due grandi “buongustai” d’arte Andrea e Paola Amoruso Manzari), che ha organizzato, anzi architettato la visione di un’opera unica, contestualizzandone l’intrigante storia e corredandola anche con una stupenda e riuscita descrizione video, accompagnata dalla suadente e convincente voce di Arnoldo Foà.
Insomma, la mostra è carica di un sostanzioso significato non solo artistico, ma anche storico e culturale e per Cortina d’Ampezzo rappresenta una interessante opportunità per accostare i valori del territorio a quelli dell’arte italiana che, da secoli, si contraddistingue con possanza nello scenario mondiale. Così, dopo la mostra di Rockwell del 1990, Cortina d’Ampezzo celebra con l’esplosione mediatica de “Il Bambin Gesù delle Mani” di Pinturicchio il grande ritorno alle mostre di respiro internazionale.
Agli elementi di grande esclusivo fascino estetico si assoceranno anche quelli di una intrigante pruderie storica, che darà ulteriore fascino alla mostra. Ma trame vaticane a parte, il quadro oltre alla sua innegabile bellezza ha pure una cornice stupenda, realizzata con lamine d’oro ottenute dall’oro che Cristoforo Colombo portò con sé dalla scoperta dell’America (metà bottino lo donò ai reali spagnoli, sponsor della sua missione verso le presunte Indie, l’altra metà fu offerta al Papa).
“È un’opera d’arte che attraversa i secoli e che ora consente di ampliare l’orizzonte storico culturale e artistico del Rinascimento italiano ma che, soprattutto, ridà un enorme prestigio a Pinturicchio, autore tra l’altro degli appartamenti dei Borgia”, ha ricordato prof. Franco Ivan Nucciarelli.
In questa affascinante storia, un rilevante lodevole ruolo lo ha la proprietà, il gruppo Margaritelli, che ha riportato il dipinto in Umbria, dopo oltre cinque secoli. E che non solo ha evitato di chiudere in casa questo meraviglioso quadro, ma lo ha affidato alla “Fondazione Guglielmo Giordano”. E, come ha detto Andrea Margaritelli, suo rappresentante, “la Fondazione ne ha avviato lo studio e la divulgazione. Si tratta della valorizzazione di un’opera dell’enorme patrimonio artistico italiano, arricchendolo con un itinerario storico e, soprattutto, un racconto che lo fa apprezzare oltre alla sua enorme valenza artistica”.
Insomma, un modo molto intelligente e soprattutto davvero esemplare per far riemergere dal sommerso (magazzini e sotterranei dei musei pubblici), con il prezioso supporto dei privati, l’enorme ricchezza di beni artistici che sono un possedimento inestimabile del nostro Paese, il nostro “petrolio”.
di Dario de Marchi
27 Novembre 2015