La Cina rappresenta una opportunità enorme per turismo italiano ma a condizione che il nostro sistema si prepari. A partire dai piccoli errori da evitare da parte di chi ospita turisti provenienti dalla Cina. Ossia un mini-manuale di antropologia spiccia per non indispettire qualcuno del milione 700 mila turisti cinesi che nel corso del 2015 giungono in Italia, sui 135 milioni che si prevede quest’anno lasciano il loro Paese per visitare altre nazioni.
Secondo una indagine di Skift, nelle preferenze dei cinesi che vengono in Europa ci sono quattro città italiane, ove entro il 2023 dovrebbero arrivare 358 mila turisti cinesi a Venezia, 350 mila a Milano, 346 mila a Roma e quasi 340 mila a Firenze. Questo milione 700 mila turisti con gli occhi a mandorla atteso nel 2015 si stima porti in Italia circa 5 miliardi di dollari, così da divenire il più grande mercato di turismo a lungo raggio nel nostro Paese. Una grande opportunità per l’economia nazionale. Tanto che si valuta che i loro acquisti esentasse nel Belpaese quest’anno si aggirino sui 2 miliardi di euro, ben il 97% in più rispetto al 2010. Tendenza destinata ad aumentare ancora.
Per questo nelle relazioni con i nostri ospiti cinesi non si possono fare errori socio-comportamentali. Loro sono particolarmente superstiziosi: il numero 8 e i suoi composti portano fortuna. Negativi e infausti, invece, i numeri 4 e 44. Di conseguenza, non vanno assegnate ai cinesi stanze d’albergo con queste cifre. Per i colori è positivo per i cinesi il rosso, mentre bianco e verde sono simboli di sventura. Preferiscono che i loro pranzi siano servizi alle ore 11:00 e alle 18:00, in anticipo rispetto alle nostro abitudini. A tavola non prediligono latticini, carne cruda e acqua gassata. Inoltre, prescelgono che tutte le portate siano servite contemporaneamente. E quando si fanno una foto dicono “qiezi” (melanzana), anziché l’internazionale “cheese” o il nostro “sorridi”.
Come per i giapponesi, anche per i cinesi è segno di grande garbo non solo porgere i biglietti da visita con entrambe le mani, ma anche leggerli prima di riporli. Mai indicare con le dita (regola che vale anche in Italia!). Alla reception accoglierli parlando in mandarino. E nella stessa lingua inserire nel menù piatti cinesi e confezionare opuscoli, informazioni, istruzioni varie e programmi di eventi e visite. In ogni stanza predisporre un bollitore per il tea; consentire la ricezione di canali cinesi nella televisione satellitare in camera. Ottimo anche l’accesso gratuito al sistema wi-fi. Un’attenzione particolare va posta all’accettazione dei pagamenti con carte di credito dei circuiti cinesi. Negli alberghi e ristoranti inserire indicazioni scritte anche in cinese (come ormai avviene in alcuni aeroporti italiani). In albergo e al ristorante oltre ai kit di cortesia, assieme alla tradizionali posate mettere a disposizione pure le bacchette.
A tracciare un quadro delle preferenze e delle azioni “no” per i cinesi è stata Renata Dalfiume per la “Rivista Eurasia”, dove i turisti del grande Paese orientale sono classificati in tre categorie: “di ritorno”, “medi”, “di lusso”. Quello “di ritorno”, ossia che ha già fatto il suo primo viaggio in Italia, predilige offerte di qualità superiore, è interessato alla conoscenza dei prodotti locali e aumenta la sua spesa riservata ad alberghi e ristoranti.
Il turista “medio” ha solitamente tra i 25 e i 45 anni; oltre il 70% ha un diploma di specializzazione o una laurea; nel suo viaggio visita due o tre Paesi europei; ricerca la comodità e l’unicità dell’esperienze. Solitamente proviene da Shanghai, Pechino e Canton.
Il turista “di lusso” punta alle offerte esclusive, come maggiordomo e guida privati, maestro di golf; vuole itinerari enogastronomici su misura; ama visitare per gli acquisiti luoghi di produzione artigianale e di Made in Italy di qualità, meglio se a Roma, Firenze, Pisa, Pompei, Verona, Venezia e Milano; predilige l’arte, le ville storiche e crociere a tema.
In generale i cinesi amano la lirica, la degustazione di cibi e vini (soprattutto i rossi) italiani, le cure termali per la salute e la cura della persona.
Nonostante le considerevoli di cifre di questa pacifica e simpatica invasione del Belpaese, sono molto carenti le strategie di valorizzazione del territorio intraprese fuori dalla grandi città turistiche e d‘arte. Ma soprattutto c’è un numero ridotto di voli diretti; gli spostamenti in Italia non sono molto agevoli, le strutture ricettive sono generiche e non tengono conto delle caratteristiche di questi turisti. Non ultimo in Italia non fa rete tra le diverse attività.
Eppure i cinesi possono contare su quasi 2 mila operatori turistici nel loro Paese per viaggiare all’estero. Accoglienza e flessibilità possono contraddistinguere l’offerta italiana nella competizione internazionale. A partire da personale qualificato ed esperto delle abitudini di questi turisti orientali. Purtroppo sono inespresse le enormi potenzialità dell’Italia e del considerevole gradimento cinese verso tutto quello che è Made in Italy. Agli osservatori esperti, insomma, l’Italia è Paese fermo ad iniziative antiquate, gestite da enti e associazioni non in grado di seguire le linee che richiedono il mercato turistico mondiale e quello cinese in particolare. Non solo ma l’Italia si conferma partito in ritardo sulle proposte e iniziative regionali di promozione territoriale.
Vanno presi in considerazione la lezione e i successi di Expo Milano 2015, dove la Cina era presente con un padiglione per il quale aveva investito 60 milioni di euro, visitato da numerose decine di loro delegazioni oltre che da milioni di turisti di tutti i Paesi. Insomma, una piattaforma di lancio che proietterà l’Italia in uno scenario ricco di opportunità, secondo Renata Dalfiume per la “Rivista Eurasia”, per il settore turistico del prossimo decennio e che il nostro Paese, solo se predisposto, sarà in grado di intraprendere una sfida con importanti obiettivi. L’Italia ha tutte le qualità e caratteristiche per vincere questa sfida.
di Dario de Marchi
1 Novembre 2015