22 agosto 2014
Oggi piove, fa freddino. Il caminetto è acceso nella sala della colazione.
Gustavo mi raggiunge, un the, la frutta, due chiacchiere, mi racconta la giornata.
Quando usciamo già non piove più, anzi é uscito un bel sole. Meno male perché la nostra prima tappa è la visita a la Gruta per un bagno di acqua termale. In questa zona ve ne sono molte.
La Gruta é splendida, ha tre piscine di acqua termale immerse in una sorta di giungla tropicale. Vi é una piscina sui 35 gradi, una sui 40 e poi un tunnel di circa 40 metri che raggiunge una terza piscina sotterranea, dove l’acqua raggiunge anche i 45 gradi. In quest’ultima vi è una sorta di cascata di acqua calda, meravigliosa. Pochi minuti e sono già nell’acqua. É fantastica, calda, trasparentissima. Troppo bello, passo da una piscina all’altra più volte, felice.
David, il bagnino, mi raccomanda di bere per non disidratarmi. Mi fa portare una centrifuga di carota fatta al momento. Mi sa che oggi non mi muovo più di qua. Continuo ad entrare ed uscire dal tunnel, l’aria fuori è mite, ed aiuta a mitigare il calore in acqua. David mi propone un Margarita, mi pare presto per un cocktail, ma non resisto all’idea del drink bordo piscina. Due chiacchiere con giovani signore americane, di Los Angeles, tutte innamorate dell’Italia, anche se non l’hanno mai vista. Signore mie, non sapete cosa vi perdete! Ad interrompere la ciarla arriva Gustavo, e mi ricorda che la giornata è appena iniziata, e che tante cose abbiamo da fare.
Sento una grande pace interiore. Mi asciugo velocemente e sono pronta alla Cappella Sistina delle Americhe, o meglio così mi dice Jesus, la guida. Il Santuario di Gesù di Nazareth di Atotonilco è stata in gran parte progettata dall’architetto Luigi Filippo Neri, e risale al 1740, anno a partire dal quale vennero costruite la facciata, la navata principale e le cappelle annesse. La costruzione dell’edificio terminò nel 1776, ma furono necessari trent’anni per dipingere le pareti interne. I dipinti raffigurano passi della Bibbia e vi son anche i passi riportati sulla parete. Un luogo di culto davvero particolare, ancor oggi metà di esercizi spirituali, dove passo dopo passo, pittura dopo pittura, lettura dopo lettura, si raggiunge l’altare e si può udire il canto degli angeli. Dal 2008 è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, insieme a San Miguel de Allende.
La tradizione religiosa cattolica è molto forte in Messico, ancor più che in Spagna ed in Italia direi. Sempre alle tradizioni religiose dobbiamo la coltura del vino in Messico, portato dai padri missionari nel nuovo continente per poter officiare la Messa.
E dunque la prossima tappa sarà al Rancho Vega Manchón, sede della cantina Cuna de Tierra. Qui oliveti, uva da tavola e uva da vino convivono in peretto equilibrio. Saliamo una torre al centro del Rancho e da qui si possiamo ammirare la bellezza della tenuta ed il paesaggio circostante.
Ci raggiunge Juan, l’enologo, e ci mostra l’area di produzione, fermentazione, barricaia, ed. imbottigliamento. É molto orgoglioso del suo vino, come è giusto che sia. Compare Ricardo Vega, ed i suoi quattro cani lupo. È il proprietario di Vega Manchón, messicano di origine spagnola ci accompagna per una degustazione di quattro etichette top, con salumi, formaggi, olive, salmone. È il momento ideale per lo spuntino. Degno di nota è il Pago de Vega, etichetta negra, un blend equilibrato di cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot e shiraz. Davvero delizioso, ancora qualche mese in bottiglia ed è perfetto.
Bene, lasciamo la bucolica campagna semi desertica, qui le captazie non mancano mai, e finalmente a Guanajuato. Si scorge a fondo valle, attraversiamo le prime strade della città, molte sotterranee, un tempo ospitavano il fiume che ancor oggi fluisce sottostante. Appare già bellissima, subito. É un’emozione forte che trasmette, immediata. La storia della città risale all’epoca pre-colombiana. Nei suoi primi anni fu chiamato Mo-o-ti dal Chichimeca, che significa “luogo di metallo”. In seguito gli Aztechi le diedero il nome di Paxtitlan, in castigliano significa “luogo di paglia”. Il suo nome attuale deriva da kuanasï = UATA rana = collina in corso di farro correttamente in Purepecha come Kuanasïuatu, che significa “luogo collinare di rane”, per la forma di alcune montagne circostanti. Durante il periodo coloniale spagnolo sará in pieno sviluppo grazie allo sfruttamento dei giacimenti di oro e argento.
Lo scudo di Guanajuato è stato creato dal re Filippo V, che a sua volta è stato colui che gli ha dato il titolo, nel 1741, “Città di Santa Fe e Real de Minas de Guanajuato”
Visitiamo il Teatro Juárez, la Piazza del Baratillo, la via del bacio, la Piazza San Fernando y San Roque, la Basilica, la Piazza della pace e la Chiesa di San Diego. La nostra guida è il Prof. Salvador Santacruz Urdiales, un fantastico anfitrione, molto colto ed attore allo stesso tempo, ci fa apprezzare questi luoghi e scoprirne storie, segreti e leggende. Se vi capita di visitare Guanajuato cercatelo, vi farà vedere la città con occhi diversi.
Mentre siamo a zonzo per la città ci imbattiamo in una processione curiosa, tanti mariachi suonano e cantano motivi tipici e poi due gigantesche “marionette” ballano sfrenate. Una moltitudine di gente li segue. Vi é pure un’importante delegazione di giapponesi al seguito, mi dicono business interessato ad investire nello stato di Guanajuato. Del resto qui in zona vi sono anche gli stabilimenti di importanti aziende italiane, tra cui la Ferrero. In processione anche Héctor López Santillana, Segretario Sviluppo Economico Sostenibile. Mi da un caloroso benvenuto e mi racconta che presto sarà in Veneto, e proprio a Treviso, in missione imprenditoriale. Piccolo mondo, davvero piccolo.
Héctor sarò felice di ricambiare il benvenuto!
Vi sono tantissimi giovani in giro. Il Prof. Santacruz mi spiega che la città di Guanajuato è oggi anche città universitaria con una ricca vita culturale, momento centrale il Festival Internazionale di Cervantes, il più importante incontro artistico in Messico e in America Latina. Guanajuato é stata dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 1988 con la denominazione di “Città storica di Guanajuato e miniere adiacenti”. Tra l’altro Guanajuato sarà la capitale della gastronomia iberoamericana 2015, come fieramente mi mostra Gustavo, dal bicipite sinistro!
Ormai si è fatto sera, il sole scende su Guanajuato e noi decidiamo di goderci la vista della città dal Mirador de Pípila, dove svetta una enorme statua di pietra rosa eretta nel 1939 in onore dell’eroe José Juan Martínez, meglio noto come “Il Pípila”. Raggiungiamo il mirador con una funivia panoramica e lo spettacolo é mozzafiato. Le case tutte colorate, sono da qui minuscole e tutte illuminate. Si scorgono l’Università di Guanajuato, la Basilica, il mercato Hidalgo, la parte posteriore del Teatro Juarez, il Pantheon di Santa Paula e San Diego, chiese, parchi. L’aria é frizzantina, profumata. Chiudo gli occhi per trattenere impresso nella mente questo momento magico!
Lasciamo il Mirador e rientriamo sulla piazza principale. Qui é tutto un tripudio di musiche, canti, gente di tutti i tipi, di tutte le età. Bar, ristoranti, negozietti, ambulanti. Vi è un’energia allegra, contagiosa. Guanajuato è tutto un inno alla vita, che viene da lontano.
É tardi, vado a dormire, domani mi aspettano altri 450 chilometri. Mi addormento, ripensando alla magia di qui!
(di Patrizia Marin)