Una mostra sul Rinascimento italiano ad Ashgabat, in Turkmenistan, e una mostra archeologica in Italia con materiale proveniente da antichi insediamenti turkmeni. Sono le nuove iniziative, in programma per il 2015, nate dalla collaborazione culturale tra Italia e Turkmenistan. Una collaborazione di cui l’Università di Bologna è tra i principali fautori, grazie ad una attività di ricerca archeologica nel Paese ormai ultra ventennale. Entrambe le mostre, organizzate grazie ad una collaborazione tra l’Università di Bologna, l’Università di Torino, il Ministero degli Affari esteri italiano, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e il Ministero della Cultura del Turkmenistan, andranno ad affiancarsi inoltre ad un ulteriore evento: la presenza, per la prima volta nella storia, di un padiglione del Turkmenistan all’Expo 2015 di Milano.
La collaborazione in campo archeologico tra il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, il Ministero della Cultura del Turkmenistan e il National Institute for Deserts, Flora and Fauna del Ministero dell’Ambiente di Ashgabat risale al 1990 con un progetto dedicato alla creazione della carta archeologica del conoide alluvionale del fiume Murghab. Tale regione, nella zona sud-orientale del Turkmenistan, è stata culla di una civiltà fiorente e crocevia di scambi commerciali e beni preziosi lungo i leggendari tratti della Via della Seta, che collegavano i Paesi del Vicino Oriente con il lontano Sud-Est asiatico.
Principale fonte di vita è stato ed è il Murghab, imponente fiume che nasce dalle vette dell’Hindu Kush nell’Afghanistan nord-orientale e prosegue il suo corso verso Nord-Ovest per circa 850 chilometri, prima di disperdere le proprie acque nel deserto del Karakum in Turkmenistan. Qui il fiume apre il suo largo ventaglio, formando quel conoide alluvionale che, a partire dal Bronzo Medio (2400-1950 a.C.), costituiva un territorio fortemente antropizzato, caratterizzato da centinaia di città e villaggi e da una ragnatela di canali, naturali ed artificiali, che venivano sfruttati mediante tecniche antiche per irrigare ettari ed ettari di terreno.
Le proporzioni sono immense. Si tratta di una superficie di oltre ventimila chilometri quadrati che è stata oggetto di ricognizioni sistematiche, scavi stratigrafici e analisi territoriali grazie ad immagini aeree e satellitari. Un lavoro che ha permesso, nel 2006, di creare una ricostruzione paleoambientale del conoide alluvionale e l’elaborazione di un modello di elevazione digitale.
Questa carta archeologica non è soltanto un utile strumento per la tutela e la salvaguardia dei siti, ma ha permesso anche di ricostruire un preciso modello del sistema di sfruttamento fluviale, fondamentale per la comprensione della frequentazione antropica nel conoide alluvionale.
Dal 2007 il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Alma Mater, sempre in collaborazione con il Ministero della Cultura turkmeno e con il nuovo partner americano Washington University in St. Louis, si è poi concentrato su nuovi obiettivi come lo scavo del sito di Ojakly, la cui indagine stratigrafica insieme ad un attento esame dei resti ceramici, faunistici, archeobotanici e litici, rappresentano il primo esempio di analisi sistematica di un sito appartenente alla cultura nomade Andronovo, che ha dato il via durante il Bronzo Tardo (1950-1500 a.C.) ad importanti cambiamenti socio-politici nella regione.
Se passate ipotesi immaginavano un forte contrasto tra tale cultura nomade, dedita soprattutto alla pastorizia, e la popolazione locale sedentaria, i recenti scavi hanno dimostrato invece una pacifica e reciprocamente vantaggiosa coesistenza, testimoniata tra l’altro dal passaggio di conoscenze tecniche tra i due gruppi.
L’ultima campagna di ricerca è avvenuta lo scorso ottobre nel sito del tardo Bronzo di Togolok 1: per la prima volta uno tra i più importanti e più estesi siti di cultura sedentaria Namazga VI del conoide alluvionale del Murghab è stato oggetto di uno scavo stratigrafico. Ciò ha permesso il ritrovamento di una struttura abitativa temporanea, utilizzata durante gli spostamenti di pastori nomadi in seguito all’abbandono del sito durante la fase finale dell’età del Bronzo, ed il rinvenimento di migliaia di semi e resti faunistici preziosi per la ricostruzione della dieta alimentare e le pratiche di pastorizia ed agricoltura presso tali popolazioni. Ma lo scavo è solamente agli inizi e le aspettative, così come le potenzialità di questo sito, sono davvero considerevoli.
Il lavoro dunque prosegue, anche grazie alla rinnovata vicinanza tra Italia e Turkmenistan, testimoniata dal recente incontro tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il presidente del Turkmenistan, Gurbanguly Berdimuhammedow, ad Ashgabat che ha portato alla stipulazione di nuovi trattati commerciali tra i due Paesi.
di Eleonora Albertoni
22 Dicembre 2014