4 agosto 2014
Il papillon, considerato comunemente accessorio iconico della moda maschile, fa parte di una lunga storia di trasformazioni sociali, complice di una serie di piccoli rivoluzioni storiche che hanno accompagnato e trasformato l’eleganza nel tempo.
Si tratta essenzialmente di un fiocco, un nodo da cui sfociano due ali simmetriche, geometricamente composto da due triangoli equilateri saldati assieme da un unico elemento centrale.
La provenienza del papillon è sconosciuta, sebbene storicamente se ne attestano alcuni reperti sin dai tempi delle piramidi.
Ciò che appare più evidente è che sia nella moda che nella storia dell’arte, il periodo emblematico del fiocco sia stato certamente il Barocco. Pare che i primi ad usare una forma ancestrale di farfallino furono i mercenari croati durante le guerre di Prussia, questi annodavano un foulard per saldare assieme i lembi della camicia, ma tuttavia pare evidente che questo accessorio sia divenuto elitario grazie al suo sfrenato utilizzo nelle grandi corti francesi, denominato cravate –che significa croato- in rimando proprio alle sue origini.
Il fiocco, simbolo del XVII secolo e se vogliamo, proprio della Francia dell’epoca, secondo i canoni rigidamente opulenti del tempo, andrà a essere inserito praticamente ovunque, sostituendo dapprima tutte le finiture di scarpe, bottoni e fibbie, fino ad arrivare poi a riempire tutti gli spazi vuoti degli abiti e delle parrucche. La moda lo prediligeva, adornandolo e fortificandolo con pietre preziose e finiture in oro zecchino. Il suo uso, come accessorio della moda maschile verrà facilitato grazie a una piccola rivoluzione tutta italiana.
Pare infatti che lo spazio costretto, occupato fino al XVI secolo dalle imponenti gorgiere, verrà gradualmente soppiantato da colli più leggeri e morbidi, a causa dell’introduzione del pizzo, chiamato anche punto in aria poiché la sua lavorazione consisteva in una serie di fili sciolti adoperati finemente assieme al fine di creare un decoro.
Questa tecnica, inventata originariamente dai veneziani e sottrattagli grazie a un’abile intuizione del ministro Colbert che portò con sé una ventina di lavoranti venete alla corte francese le quali svelarono alle cuginette d’oltralpe il segreto di questa lavorazione che fece la fortuna della Francia nei secoli. Il pizzo era infatti considerato un patrimonio inestimabile, esso poteva valere davvero molto, addirittura anche il costo di un intero castello.
Questo amore spassionato per questa tecnica farà si che dalla gorgiera si passi velocemente a colletti morbidi e lavorati, che, nelle grandi corti, verranno poi adornati da sciarpe che avevano il compito di rifinire la scollatura della camicia. Questi foulard, rigirati sul collo due o tre volte, venivano annodati a forma di fiocco sul petto, tempestati da gemme preziose, soprattutto da diamanti e rubini, le pietre più in voga dell’epoca dando vita a splendidi papillon.
Dopo la rivoluzione francese tutti questi elementi decorativi lasceranno posto a un ritorno al classicismo, ne è un esempio lo stile napoleonico, composto da una decisa semplificazione delle linee, dei volumi e un’imponente perdita di accessori bislacchi e scintillanti.
Sarà il dandy a riprendere il concetto di questa ancestrale forma di cravatta papillon che sul finire del XIX secolo verrà comunemente definita ascott. Nel 900, accanto all’elegante frac nero accostato a un papillon bianco, la nascita dello smoking renderà il farfallino un accessorio cult e decisamente sofisticato. Sebbene all’inizio, in Italia, esso era visto come oggetto eccentrico, simbolo di anarchici, futuristi, comunisti e rivoluzionari, presto questo accessorio prese piede negli ambienti borghesi come sinonimo di raffinatezza e stile. Il merito del suo imponente successo pare sia stato del magnate del tabacco Pierre Lorillard IV, che introdusse la moda dello smoking nero abbinato a camicia bianca e papillon nero come espressione della più eccelsa eleganza.
Gli anni ’20 divennero l’âge d’or del papillon che si impose come icona di stile senza eguali, rivestendo negli anni i colli dei più illustri personaggi del cinema, della musica e del teatro. Sebbene la cravatta continuasse a rivestire un ruolo socialmente più diffuso, dal dopoguerra in poi esso verrà inteso esclusivamente come accessorio per eventi estremamente eleganti. Negli anni ’70 il cravattino a farfalla fece una breve ricomparsa, ridefinendosi per quel decennio come l’accessorio di stile per eccellenza. Solo ai giorni d’oggi, sul finire degli anni ’10 del duemila, il papillon si è liberato della sua immagine così rigidamente legata al mondo dell’eleganza, diventando un accessorio chic e di uso quotidiano. Complici di questa tendenza i designer contemporanei che hanno rielaborato il cravattino con materiali nuovi e sempre più di tendenza: dal fiocco di ceramica si passa a quello di legno, di seta, ma con stampe colorate e check di ogni sorta, fino a giungere a quello trasparente , traforato o addirittura stampato in 3D.
Arte, sartoria o design? Questo poco importa, che si tratti di hipster, rockstar o di semplici impiegati, ciò che conta è che il papillon è davvero sulla bocca di tutti. E anche sul collo.
A ognuno il suo.
(di Tanio Liotta)