22 agosto 2014
La moda ha lanciato questa nuova tendenza di ispirarsi al cibo ed alla natura, dalle tinture alla liquirizia utilizzate nei nuovi capi in tricot di Vivienne Westwood alle fibre di agrumi di Adriana Santocito ed Enrica Arena con Orange Fiber fino alle borse scrigno di Vitussi in fibra di fico d’india.
Una nuova tendenza che non altro se non ritornare ad utilizzare fibre, pigmenti e tecniche che sono sempre esistiti e sono stati utilizzati prima della rivoluzione industriale e della scoperta di sostanze chimiche e fibre sintetiche.
Piante, semi e frutta commestibile da indossare, ma soprattutto di tinture a base di ingredienti naturali, dalla foglia di fico di Adamo ed Eva alle tinture utilizzate dagli Egizi per il lino, gialli e rossi con l’henné, il cartamo, lo zafferano, la curcuma, grazie anche alla possibilità di usare come mordente l’allume, di cui questo popolo possedeva giacimenti.
In Mesopotamia sin dal IV millennio a.C. si tingeva la lana con colori brillanti: Caldei e Babilonesi apprezzavano la ricchezza dei colori e lo sfarzo nell’abbigliamento. Avevano messo a punto una tecnica per mescolare i colori della lana che tingevano in fiocco durante la filatura.
Gli ebrei tingevano in matassa, usando il kermes, un parassita della quercia, i mirtilli, le galle di quercia e il bitume del mar Morto per ottenere il nero. I più conosciuti tintori del Mediterraneo furono i Fenici, cui si deve la scoperta, a metà del XV secolo a.C., della tintura ricavata dai molluschi della famiglia murex che dava il colore porpora, prezioso, ricercato e che divenne simbolo di potere.
In Italia, da alcuni anni, è in corso una vera e propria riscoperta della possibilità di tingere i tessuti attingendo direttamente dal mondo vegetale: camomilla per ottenere il giallo, radici di ortica per il verde, robbia per il rosso.
Le collezioni autunno 2014 di Vivienne Westwood Gold Label e Vivienne Westwood Man Label presentano la nuova maglieria Vegetable Dye, ottenuta con una tinta del tutto naturale a base di liquirizia. Il logo Vivienne Westwood con la scritta Vegetable Dye ricamata caratterizza i capi sottoposti al naturale processo con cui l’indumento è stato trattato. Ogni capo è stato tinto con radici di liquirizia, seguendo una tecnica di tintura antica, per ottenere un risultato naturale senza l’utilizzo di prodotti chimici dannosi.
Produrre capi di abbigliamento vitaminici, tonificanti per la pelle, utilizzando gli scarti delle arance, grazie alle nanotecnologie, è l’idea di Orange Fiber, studiata da due giovani donne siciliane di Catania, Adriana Santanocito e Enrica Arena, che grazie a un finanziamento dalla Provincia autonoma di Trento e dal Fondo europeo di sviluppo regionale attraverso il bando ‘Seed Money’, e dopo aver preso domicilio a Rovereto, in Trentino, hanno fondato Orange Fiber-
Una rivoluzione che sta prendendo piede, con numerose aziende del settore tessile che stanno tornanso ad utilizzare tecniche antiche, naturali, nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo.
(di Letizia Freschi)