Circa tremila anni fa nasceva in Campania un vino ardens et fortis; un vino, secondo la leggenda, donato dal dio Bacco alla terra del Massico: il vinum Falernum, ossia il Falerno. “Un epiteto di dio” per Ovidio, un vino “immortale” secondo Marziale; senza dubbio il vino più celebrato dell’antichità, il più pregiato, il “vino degli Imperatori”. Un vino che ha attraversato i secoli e che oggi racconta col suo rosso caldo e il suo sapore intenso il calore e i colori di una terra ricca di contrasti: l’Ager Falernum, come la chiamavano gli antichi romani. In questa terra della provincia di Caserta, tra il mare del litorale Domitio e il Monte Massico, oggi si estendono le vigne di Villa Matilde. L’azienda, orgogliosamente a conduzione familiare, è nata negli anni Sessanta per pura passione e per una sfida: riportare in vita il Falerno. E in questa impegnativa sfida c’è riuscita bene ridando produttività a questi vitigni che erano dati per estinti assicurando loro non solo dignità, ma anche una eccelsa qualità.
La storia di Villa Matilde comincia con Francesco Paolo Avallone, avvocato e appassionato cultore di vini antichi: incuriosito dai racconti di Plinio, dai versi di Virgilio, di Marziale e di Orazio, tutti intorno vinum Falernum, dopo anni di studi e letture, con l’aiuto di un gruppo di ricercatori dell’Università di Agraria, individuò le viti che un tempo davano vita al Falerno; pochi ceppi sopravvissuti miracolosamente alla devastazione della filossera di fine Ottocento. Fu allora che l’avvocato si fece vignaiolo e ripiantò gli antichi vitigni del Falerno proprio nel territorio del Massico dove un tempo erano prosperati e fondò Villa Matilde, il nome è un gentile omaggio alla moglie. Vendemmia dopo vendemmia, prova su prova, riuscì a riportare sulle tavole il famoso Falerno di cui tutti, nella zona, continuavano a favoleggiare.
E ora il vino Falerno ha un testimone di eccezione. Una casa colonica del III secolo a.C. è stata infatti scoperta a Mondragone (Caserta). Gli archeologi hanno messo in luce la struttura di epoca romana tra il monte Petrino e il monte Massico e ritengono si tratti di una azienda agricola specializzata nella produzione del Falernum, il vino per eccellenza della produzione antica.
Gli scavi, finanziati dal comune di Mondragone, sono stati fatti da un team dell’università’ di Perugia, del museo “Biagio Greco” e della Soprintendenza Archeologica Campana. Portati alla luce in particolare alcuni ambienti di grande dimensione in cui sono stati trovati reperti ceramici, pavimenti in cocciopesto decorati.
Trovata pure anche la sala del torchio vinario, dove venivano spremute le uve provenienti dal vigneto di Falerno, ricavato nei terrazzamenti che circondavano l’edificio di cui restano tracce. La struttura era realizzata su un basamento calcareo poligonale e il nucleo più antico è contemporaneo alle guerre puniche.
In prospettiva, gli archeologi punteranno a ricostruire la pianta completa dell’impianto produttivo del vino considerato il grand cru dell’antichità. Le campagne finanziate dall’Amministrazione comunale casertana retta da Giovanni Schiappa, su concessione del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo vanno avanti da anni e hanno portato anche alla scoperta del dente di un bambino del Neandertal a Roccia San Sebastiano e del sito medioevale di Rocca Montis Dragonis.
di Alexandra Rufini
14 Ottobre 2015