In un mercato sempre più globalizzato, senza frontiere e orari, l’imprenditore italiano del vino non ha molta dimestichezza con una comunicazione efficace, soprattutto sui nuovi media, per far conoscere quello che rappresenta e quanto è capace di fare. In tal modo non riesce ad integrarsi, a fare sistema e proporre un “Prodotto Paese” competitivo all’estero, nonostante alcuni segnali positivi. Sono questi in sintesi i risultati della ricerca sul rapporto esistente tra il mondo del vino italiano e i nuovi mezzi di comunicazione, condotta dall’agenzia di comunicazione BeSharable, di Roma, e basata su “focus digital” che ha coinvolto 3.439 imprese del settore in tutto il Belpaese, che ha messo a punto una guida in dieci punti, “BeSharable in the wine market” (www.besharable.it), il decalogo che aiuta le aziende del settore a utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione ed essere più competitive sul mercato, si propone di offrire alcuni spunti concreti agli operatori del comparto vitivinicolo su come essere “visibili” e “condivisibili”.
Quando si parla di internazionalizzazione della comunicazione, è ovviamente fondamentale l’inglese, utilizzato dal 96% delle aziende, mentre in un 35% si parla anche francese e in poco più del 30% il tedesco. Nel complesso, il 95% delle imprese vitivinicole esporta all’estero, e tra coloro che non esportano l’87,5% vorrebbe farlo, mentre il 12,5% non è interessato. I dati raccolti, inoltre, evidenziano l’assoluta rilevanza del web in questo processo. Le Pmi che negli ultimi anni hanno utilizzato internet in modo proattivo sono cresciute più in fretta, hanno raggiunto una clientela più internazionale e hanno assunto più persone.
L’e-Commerce, ad esempio, come strumento di vendita online aperto 24 ore su 24,
comincia a registrare dati interessanti: il 43% delle imprese vitivinicole coinvolte vende i propri prodotti anche online, il 36% vorrebbe cominciare, al 21% non interessa. Un canale da valorizzare, se si considera che nei prossimi mesi è prevista, a livello generale, una crescita del 17% con un valore che si attesterà su 13,2 miliardi di euro, con un +5,2% per il settore enogastronomico Made in Italy.
“Il vino è oggi un prodotto che incrementa Pil e fatturato ed è per questo che bisogna conoscerne la cultura che lo caratterizza. Una volta il mercato era solo del produttore, oggi è anche del consumatore che cerca e si informa, soprattutto su internet. È lì che i produttori devono farsi trovare”, ha commentato Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi e sicuramente l’enologo italiano più famoso, “perché una comunicazione funziona quando è sostenuta dalla proprietà, che conosce la tradizione, e sviluppata con entusiasmo dalle nuove generazioni: è così che, insieme, hanno un passato e un futuro da condividere e raccontare”.
Per Donatella Cinelli Colombini, vice presidente nazionale delle Donne del Vino, “BeSharable ci mostra come il web sia una ‘fabbrica di relazioni’ che fanno crescere la notorietà, la fidelizzazione e il business delle cantine: in altre parole ci insegna a trasformare i clienti in fan profondamente coinvolti che recepiscono e producono informazioni su singoli vini o aziende”.
Attivare e gestire canali di interazione “social” diventa, quindi, molto importante. Il 94% delle aziende vitivinicole coinvolte ha un sito internet e il 74% è presente su Facebook.
Entro la fine dell’anno, il 48% delle imprese dichiara di voler attivare nuovi canali di comunicazione online oppure migliorare quelli esistenti. I più gettonati sono: Facebook, Twitter, Google+, Instagram e blog aziendale. Finora, però, sui canali social si registra più quantità che qualità. A riprova di ciò, il 43% delle imprese ha una persona interna dedicata alla comunicazione, solo il 13% si rivolge a un professionista esterno, mentre ben il 46% delle aziende affida la comunicazione a una persona interna non dedicata.
Il rischio, soprattutto in quest’ultimo caso, è che in assenza di strategia la comunicazione non riesca a superare la fase embrionale e a cogliere le opportunità del mondo digital, diventando quasi controproducente per l’azienda.
“Le aziende del vino, dalla micro impresa a conduzione familiare fino alla grande azienda esportatrice, si trovano davanti a quel processo ormai inevitabile che ci piace definire come la rivoluzione del #Vinodigitale”, ha concluso Davide Macchia, amministratore delegato di BeSharable e promotore della ricerca, “perché è un treno che l’Italia, soprattutto quella che produce eccellenza, non può più permettersi di perdere”.
La guida in dieci punti “BeSharable in the wine market” si propone di offrire alcuni spunti concreti agli operatori del comparto vitivinicolo su come essere “visibili” e “condivisibili” aiutando, così, una delle eccellenze del Made in Italy, per storia, cultura e tradizione, ad apportare un valore importante al racconto di un’Italia “vincente”, anche e soprattutto in visione di Expo Milano 2015.
Ecco una sintesi del decalogo:
1.Essere proattivi online
Le piccole e medie imprese (Pmi) proattive online con attività di marketing o vendita in rete hanno registrato una crescita media del fatturato negli ultimi tre anni dell’1,2%, rispetto a un calo del 2,4% di quelle online (presenti solo tramite il sito web) e del 4,5% di quelle offline (non presenti sul web). Le Pmi che hanno utilizzato internet attivamente sono cresciute più in fretta, hanno raggiunto una clientela più internazionale e hanno assunto più persone.
2. Comunicare il “locale” con un approccio “globale”
Tra le imprese vitivinicole che hanno risposto al sondaggio di BeSharable il 96% comunica sia in italiano che in inglese, mentre solo il 4% comunica unicamente in italiano. Da notare come alcune aziende abbiano iniziato a relazionarsi a mercati esteri come quello cinese, russo, giapponese e polacco, rispettandone la cultura e adottandone, di conseguenza, la lingua .
3. Relazionarsi direttamente e quotidianamente con il proprio target
Il 94% delle imprese vitivinicole dichiara di avere un sito internet e il 73% ha registrato un profilo su Facebook . Sebbene le percentuali siano elevat e, una ulteriore analisi rivela che gran parte delle pagine Facebook sono semplici “vetrine” aziendali che non sfruttano l’alto potenziale di visibilità e buona reputazione online che scaturisce dall’interazione costante con il proprio target. Gli stessi siti internet risultano obsoleti per contenuti ed esperienza d’uso.
4. Vendere 24 ore su 24 tramite e-Commerce
Il 43% delle imprese vende i propri prodotti anche online , il 36 % vorrebbe cominciare nei prossimi mesi, al 21% non interessa. Attivare e gestire un canale e-Commerce consente di: raggiungere persone esterne al proprio contesto locale; “essere aperti” 24 ore su 24; coinvolgere specifiche nicchie di mercato non localizzate geograficamente; proporre offerte periodiche ai consumatori più affezionati tramite strumenti quali le newsletter. Il mezzo diventa ancora più interessante se si considera che nei prossimi mesi l’e-Commerce registrerà, a livello generale, una crescita del 17% raggiungendo un valore di 13,2 miliardi di euro, inoltre, tra i prodotti Made in Italy, il settore enogastronomico crescerà del 5,2%.
5. Attivare e gestire canali di interazione “social”
Entro la fine dell’anno, il 48% delle imprese ha intenzione di attivare nuovi canali di comunicazione online oppure migliorare quelli esistenti. I più gettonati sono: Facebook, Twitter, blog, Google+ e Instagram. Finora , però, si registra più quantità che qualità. Essere presenti sui social Media, invece, significa curare i contenuti seguendo una strategia specifica, approcciare ogni in maniera personalizzata e scegliere con cura i canali da utilizzare, per evitare di essere ovunque risultando inattivi.
6. Creare una community di appassionati a costi contenuti
Gestire correttamente la propria presenza online porta vantaggi a più livelli. Le grandi imprese possono promuovere i propri prodotti a costi contenuti puntando sul rafforzamento del legame tra etichetta e consumatore (ad esempio, la cifra investita per uno spot pubblicitario talvolta è sufficiente a coprire i costi della comunicazione online per alcuni mesi). Le piccole realtà, invece, possono promuovere i prodotti su nuovi mercati di nicchia in tutto il mondo aumentando di gran lunga il numero dei propri potenziali consumatori .
7. Sperimentare con mezzi innovativi e non aver paura di sbagliare
Non è sufficiente utilizzare i nuovi strumenti di comunicazione, è preferibile farlo in modo creativo e sperimentale. Le persone in rete parlano volentieri di vino, ma spesso non menzionano i nomi delle cantine o delle singole etichette. L’obiettivo sarà, quindi , far sì che l’esperienza duri più del tempo in cui viene consumata una bottiglia di vino: la comunicazione deve colpire, interessare ed essere ricordata. In quest’ottica, si può fare molto sfruttando al meglio la tecnologia mobile per guidare il consumatore anche nel momento esatto della scelta di un vino, ovunque si trovi, al supermercato, nel punto vendita, a casa o al ristorante.
8. Affidarsi ad esperti
Il 43% delle imprese ha una persona interna dedicata alla comunicazione, mentre solo il 13% si affida a un consulente esterno. La percentuale più interessante, però, è quella del 46% delle aziende che affida la comunicazione a una persona interna non dedicata. Il rischio, in questo caso, è che in assenza di strategia, la comunicazione di tali imprese non riesca a superare la fa se embrionale. Il supporto di esperti del settore può garantire la valorizzazione dell’impresa, la creazione di una cerchia di appassionati, la costruzione di una reputazione online che va costantemente misurata e incentivata.
9. Valorizzare l’arte del vino
Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e… se ne parla. Edoardo VII aveva già le idee chiare su come si dovesse valorizzare l’arte del fare e del degustare il vino. Riportato ai giorni nostri, l’obiettivo è che del vino si parli con la stessa intensità e lo stesso trasporto con cui si ricorda un film d’autore, un’opera pittori1ca o un racconto appassionante. Il vino non dovrebbe essere solo consumato, deve diventare argomento di conversazione e confronto per poter essere ricordato.
10. Raccontare l’esperienza sensoriale del vino
Parola d’ordine coinvolgere : un consumatore soddisfatto condivide più facilmente la propria esperienza e il giudizio positivo, affidando al web una recensione. L’ 88% dei consumatori si fida delle recensioni online tanto quanto delle raccomandazioni dei propri amici (fonte: BrightLocal, Local Consumer Review Survey 2014). Il vino, inoltre, rappresenta un’esperienza poli sensoriale che parte dalla bottiglia e arriva al territorio, passando per decenni, e a volte secoli, di sperimentazioni. Il vino è uno dei pochi aspetti che ancora combina l’eredità storica con il prodotto contemporaneo e, sebbene rappresenti un’esperienza che per noi italiani può sembrare scontata, per il resto del mondo non lo è. Dobbiamo, quindi, valorizzare la genuinità italiana nell’esperienza del vino anche attraverso lo storytelling e la comunicazione digitale, che rappresenteranno sempre più due strumenti di vitale importanza.
23 ottobre 2014
Patrizia Marin