Almeno un piatto Made in Italy su quattro deriva totalmente o in parte da ricette che gli antichi romani hanno creato per cucinare i prodotti delle loro fattorie, a testimoniare il forte legame che unisce la gastronomia nazionale all’impero. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti che esprime apprezzamento per il ritrovamento di un’azienda agricola della Roma imperiale di 14 mila metri quadrati, con tanto di frutteto e orto, la più vicina al centro della Capitale che sia mai stata rinvenuta. Dai campi della fattoria romana, con tutta probabilità giungeva il grano per fare il “Libum”, il pane più antico la cui ricetta è descritta minuziosamente da Catone nel celebre “Agricultura liber”, ma anche la caratteristica pizza bianca romana, nota oggi in tutta la Penisola che aveva in passato il nome di “Artolaganaus”.
Nei semplici ricoveri della fattoria si aggiravano i maiali dai quali si ricavava il “Porcellum elixum farsilem”, una golosità molto apprezzata dai nostri antenati, antesignana della famosa porchetta di Ariccia tanto cara ai laziali. Di fondamentale importanza per gli antichi romani era la presenza in tavola del vino. È facilmente immaginabile che la fattoria d’epoca imperiale producesse uva da vino che non veniva quasi mai bevuto in modo assoluto, ma sempre miscelato e aromatizzato con altre sostanze. Se al vino veniva aggiunto del miele prendeva il nome di “Mulsum”; se venivano aggiunte anche le spezie allora diventava “Conditum”.
Sicuramente la fattoria doveva avere i frutteti, in particolare meleti. Orazio nelle sue opere riportava consigli preziosi come quello che “la mela nana è più rossa se la cogli a luna calante”. E, infine, un piccolo spazio dell’azienda venuta alla luce in questi giorni era dedicato alla coltivazione delle piante aromatiche. Quelle comunemente usate oggi in cucina, come il basilico, la maggiorana ed il timo, nell’antica Roma erano adoperate principalmente come medicinali o profumi, mentre altre che nella cucina moderna sono ormai in disuso (come il cerfoglio e la santoreggia o la ruta, utilizzata oggi solo per aromatizzare grappe e liquori), venivano all’epoca impiegate esclusivamente come condimento.
Tutto questo secondo la Coldiretti dimostra che moltissimi piatti tipici della tradizione culinaria italiana, che ci fa grandi nel mondo, appaiono chiaramente ispirati ad antiche ricette distanti duemila anni ed oltre. Preparazioni citate nelle popolari opere dei più celebri autori latini che, attraversando millenni di storia, sono state trasmesse fino ai giorni nostri. Il cibo, come testimoniato da Orazio e Petronio che rispettivamente nel “Satira VIII” del libro I e nel “Satyricon” descrivono minuziosamente ogni portata del convito di Nasidieno e della cena di Trimalcione era costantemente al centro della vita degli antichi romani aristocratici e rappresentava una preziosa occasione per esaltare le proprie ricchezze attraverso infinite portate e per pavoneggiarsi tra gli invitati sfoggiando le proprie conoscenze culinarie.
8 dicembre 2014
di Dario de Marchi