Anche nel primo semestre di quest’anno gli spumanti continuano a tirare l’export di vini Made in Italy nel mondo. Ma non basta. Sono i giudizi dell’Osservatorio economico di Giampietro Comolli che denotano, infatti, la difficoltà a mantenere il traguardo di quei 50 miliardi di euro di export agroalimentare italiano previsti al 2020, un obiettivo che, a dire dell’esperto, stride con i numeri di export dei vini italiani nel loro complesso comunicati dall’Osservatorio Studi Economici Vini Effervescenti-OVSE.
Secondo Comolli, “anche se alti e bassi ci sono, ed evidenti, grandi differenze fra un mercato e l’altro, fra canali di distribuzione e fra Paesi consumatori e con dati estremamente difficili da commentare per l’estrema variabilità e differenzazione all’interno dello stesso settore, nei primi 6 mesi del 2016 rispetto al primo semestre 2015, OVSE registra un calo dei volumi export aggregato del 1,1%, inferiore al calo dei soli vini tranquilli e sfusi che è pari al 2,1%, ovvero meno 90.000 ettolitri esportati, soprattutto vini confezionati.
Molto bene, invece, per quanto riguarda il valore globale export, in crescita del 3,9%. Al 30 giugno 2016, il valore del vino italiano spedito all’estero supera i 2,5 miliardi/euro, mai così alto. Un preciso segnale che consentirebbe di raggiungere i 5,5 miliardi/euro a fine anno e quindi il vino italiano conferma quel trend di crescita e positivo per l’incremento del fatturato export previsto dall’agroalimentare italiano.
I dati migliori e più significativi vengono solo da 4-6 Paesi tradizionali, denotando così troppa concentrazione nell’esportazione. L’export del vino della Francia è più diffuso e distribuito rispetto a quello italiano. Il 60% dell’export italiano è concentrato in 6 Paesi; il 60% del vino Francese è distribuito in 14 Paesi.
Secondo Comolli “la causa è dovuta non solo alla normale lentezza degli ordini in attesa dei listini, ma ad una politica involutiva pericolosa. C’è bisogno di capire i diversi mercati e paesi, dare al vino una nuova veste, fare azioni di lungo periodo, impostare una strategia macroeconomica e di promozione concentrata e mirata. Occorre ritornare con altri sistemi alle politiche pubblico-privati della fine anni ’80 e tutto anni ‘90”.
Solo il Prosecco Spumante Dop continua inarrestabile la sua corsa al rialzo in tutta la filiera. Prezzo delle uve alle stelle, prenotazioni di vini base in anticipo, ordini continui dall’estero soprattutto USA, UK, Giappone e … Francia. In Francia sono le prime bollicine DOC al mondo importate. Per l’Italia, il mercato francese è al sesto posto nell’ordine. il Prosecco fa meglio in Francia che lo Champagne in Italia.
L’export del Prosecco Spumante cresce in volumi del 12% con un totale di 124 milioni/bottiglie, un record assoluto riferito per il primo semestre dell’anno, notoriamente inferiore al secondo semestre, con un valore totale ancor più lanciato a +18% sfiorando da solo il mezzo miliardo di euro, favorito da un trend omogeneo fra prezzi all’origine e al consumo in quasi tutti i paesi.
Il Prosecco dop veleggia su incrementi di volume del 16-18% in UK e Francia, ma stabili in Europa e del 2-4% in Usa e Giappone. Ottimi gli incrementi di spedizioni-esportazioni in Canada, Paesi Bassi e Austria dovuto soprattutto a un aumento del numero di importatori importanti. “Questi rapporti così diversi fra destinazione, prezzi al consumo, nuovi grossi clienti, vecchi e nuovi paesi devono far riflettere”, ha annotato Comolli.
L’Asti spumante mantiene i numeri del 2015, che erano già in calo rispetto al 2015 a quota 18 milioni/bottiglie, cresce in Usa, cala in tutti i mercati europei e in Russia. Venendo da anni difficili, l’Asti spumante consolida circa 73 milioni/euro totali. Leggermente in calo i volumi degli spumanti metodo classico italiano rispetto al 2015, ma cresce dello 0,5% il valore alla dogana.
Buon inizio di 2016 anche per i vini frizzanti: i più richiesti all’estero Lambrusco, Glera, Trebbiano, Pinot con incrementi dei valori a bottiglia fra il 7-8% rispetto alla già considerevole crescita dei volumi (+5%) portando il fatturato alla dogana di mezzo anno al +10% rispetto al 2015. Lo sfuso si mantiene in linea, ma preoccupa per gli alti volumi produttivi della vendemmia 2015, mentre i vini tranquilli bianchi e rossi confezionati – che rappresentano sul totale circa i 2/3 – segnano un calo superiore all’1%, circa 10 milioni/euro in meno.
L’export del vino italiano perde terreno soprattutto in termini di numero di bottiglie. In ogni caso, fa notare OVSE, per tutte le tipologie e categorie, nei primi 6 mesi del 2016, non si registra un andamento omogeneo e regolare. Il perseverare di una crisi dei consumi, l’andamento dei cambi delle monete, bassa diversificazione dei mercati e dei canali, mancanza di investimenti stabili e strumentali alla vendita e altre motivazioni obbligano urgentemente a rivedere e riposizionare prodotti e mercati, diventando ogni paese un mercato a se stante di cui occorre conoscere e sapersi muovere in dinamiche più ampie e complesse che il solo commerciale.
Molto significativo l’incremento del prezzo della bottiglia del Prosecco Dop, oggi posizionato fra 5 e 5,5 euro a bottiglia, grazie anche ai cambi favorevoli di dollaro e sterlina. Bisognerà vedere come inciderà il deprezzamento della sterlina. In ogni caso tutte le tipologie e categorie di vini italiani spediti all’estero fanno registrare un prezzo alla dogana in crescita: da euro 4,5 a 4,7 euro a bottiglia.
L’analisi di Comolli rileva: “Bene l’export, soprattutto per crescita del valore all’origine riconosciuto dagli importatori. Ma ancora grave la situazione sul mercato interno. Il 2016 può portare ad una soglia sotto i 30 litri procapite di consumo annuo. Da un lato segnale di consumo consapevole, ma che si traduce in un calice di vino ogni 20 giorni a testa nell’arco dell’anno. Urge ancor più una politica di conoscenza e di cultura su come-dove-quando-perchè consumare il vino concordata e integrata al modo di vivere, al benessere e buon gusto senza puntare solo sul prezzo e promozioni”.
di Letizia Freschi
28 Luglio 2016