Non è solo un aperitivo, ma non è cena, ma quasi tutti due. Ossia il nuovo rito dell'”apericena“, forse dettato dalla crisi economica, in cui si cerca di massimizzare le spese senza penalizzare la socialità. Quasi tre giovani under 35 anni su quattro (ossia il 71%) soprattutto nel fine settimana partecipano al rito dell’”apericena”, ovvero il mixage tra il rito dell’aperitivo e un pasto propriamente detto, di solito la cena. E’ quanto emerge dall’anteprima del rapporto Coldiretti-Censis sul tema “Gli effetti della crisi: spendo meno, mangio meglio”, illustrata da Giuseppe De Rita, presidente del Censis, e da Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, al Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato a Cernobbio da Coldiretti in collaborazione con lo Studio Ambrosetti.
C’è una crescente relazionalità, sottolineano Coldiretti-Censis, intorno al cibo che ha fatto nascere ed affermare in pochissimo tempo un nuovo momento di aggregazione con connotati innovativi che, sotto la spinta della crisi, interessa ora complessivamente 7,9 milioni di giovani e tra questi ben 1,5 milioni regolarmente. A fare da apripista sono stati alcuni contesti del Nord dove quello dell’aperitivo è una sorta di antico rito sociale. Ormai la nuova formula si è andata diffondendo un po’ ovunque nel territorio nazionale. Si pensi ai noti casi di Padova con lo Spritz o anche di alcune zone del comune di Milano o della stessa capitale in cui l’aperitivo è un momento di convivialità in cui conversare, mangiare e bere qualche cosa e rallentare in modo anche netto rispetto alla concitazione della quotidianità.
In particolari contesti metropolitani, da Milano a Torino a Roma, ma in quasi tutte le altre città, l’aperitivo e i luoghi in cui incontrarsi per farlo, sono diventati uno dei pilastri della relazionalità di persone dalle caratteristiche socio-demografiche anche molto diverse. Un fenomeno che, secondo l’indagine, ha in realtà contagiato diverse categorie sociali e oggi a fare l’ aperitivo mangiando stuzzichini, la cosiddetta “apericena“, sono 25,7 milioni di italiani (51,8%) di cui 3,6 milioni regolarmente (7,4%) e 22 milioni di tanto in tanto (44,4%).
Anche grazie alla molteplicità di offerte messe a disposizione dei locali, l’aperitivo in chiave moderna è diventata l’occasione per accompagnare il necessario contenimento delle spese dettato dalla crisi economica con una attenzione alla qualità dell’alimentazione. Un modo per assaggiare e imparare a conoscere i diversi tipi di vino di cui è particolarmente ricca l’Italia, ma anche per gustare formaggi, salumi, olive o anche semplicemente pizzette speciali, il tutto a costi estremamente contenuti.
Non mancano casi in cui, per l’”apericena” vengono organizzate serate a tema con prodotti a chilometri zero del territorio o prove di degustazioni su vini territoriali. Dichiarano di partecipare a degustazioni di cibi, vini e prodotti tipici circa 23,5 milioni gli italiani (di cui 1,4 milioni regolarmente e 22 milioni di tanto in tanto). Degustare prodotti e vini tipici di qualità è pratica collettiva più urbana, di ceti attivi e più giovani; proprio la diffusione in questi gruppi sociali di tale pratica costituisce testimonianza di una contemporaneità del rapporto con il valore dei territori che si condensa in prodotti che incorporano la tipicità locale. È infatti il 48,9% degli under 35 a parteciparvi, ovvero 5,4 milioni di cui è il 4,8% a farlo regolarmente e il 44,1% di tanto in tanto.
Le degustazioni sono poi una pratica diffusa anche tra i single, sono infatti 1,9 milioni a parteciparvi (25,8%), più che altro di tanto in tanto (25,4%) a fronte di una quota dello 0,4% che dichiara di farlo regolarmente. Anche la diffusione minuta dell’acquisto dei prodotti tipici e a chilometro zero – secondo l’indagine di Coldiretti-Censis – rientra tra i comportamenti sociali che esprimono apprezzamento per il territorio e i suoi patrimoni.
Ma la moda dell’”apericena” trova qualche oppositore a livello medico. “Niente di più sbagliato” ha infatti detto la nutrizionista Pamela Ciampolillo, perché “spiluccare riduce la percezione della quantità di cibo e così si finisce per introdurre più calorie di quante se ne assumono in una cena normale”. Non solo. Il rito dell’”apericena”, specie se consumato una volta a settimana, non solo fa ingrassare, ma è dannoso per il cuore.
“In genere durante questi incontri si abbinano alcolici o superalcolici a ‘sfizi’: rustici, pizzette, tramezzini e altre leccornie. Cibi, dunque, ricchi di grassi saturi, di origine animale e tra i più nocivi per l’apparato cardio-circolatorio, ha spiegato ancora Ciampolillo.
“L’alcool abbinato a questo tipo di cibi ricchi di grassi e zuccheri aumenta l’assorbimento di zuccheri semplici. Un connubio poco felice”. A stomaco vuoto, inoltre, gli alcolici vengono assorbiti molto più velocemente, e “parliamo di 200-300 calorie per ogni cocktail. Calorie ‘a vuoto’ che non verranno quindi sfruttate per produrre energia”. E se proprio non si vuole rinunciare all’”apericena”, meglio allora ridurlo a una volta al mese e scegliere “verdure grigliate, spiedini di frutta, succhi, una manciatina di frutta secca”.
18 ottobre 2014
di Dario de Marchi