Una barzelletta che circolava alcune decine di anni fa in ambiente politico è stata riportata involontariamente d’attualità da una notizia della Coldiretti. Veniamo prima alla barzelletta e poi alla notizia. Allora un presidente del consiglio in visita nel parmense fu accompagnato in un caseificio dove si produceva il Parmigiano. Il capo del Governo, curioso, faceva diverse domande e chiese: “Questo formaggio è da grattare?”. E il suo accompagnatore, il titolare dell’azienda, quasi arrossendo, gli ha subito risposto: “Eccellenza, non si preoccupi. Non occorre che lo gratti. Glielo regaliamo noi alla fine della sua visita!”. Ed ora la notizia: il Parmigiano è il formaggio più rubato al mondo non solo perché viene sottratto da caseifici, magazzini e supermercati, ma anche per il furto di identità che subisce quotidianamente nei diversi continenti.
È quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’operazione della Polizia di Stato di Modena che ha sgominato un’associazione per delinquere responsabile dei furti di oltre 2.000 forme di Parmigiano Reggiano in stabilimenti e depositi di stoccaggio.
Se nei supermercati è spesso oggetto di taccheggio, negli stabilimenti e nei magazzini a colpire sono vere e proprie bande organizzate che lo rivendono poi al mercato nero senza adeguate garanzie qualitative, ma anche provocando un crollo dei prezzi sul mercato a danno dei produttori, i quali invece stanno affrontando una situazione di grave crisi che mette a rischio il futuro del prestigioso formaggio.
A preoccupare è anche il fatto che la produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha sorpassato per la prima volta quella degli originali nel 2014 per effetto della moltiplicazione selvaggia delle imitazioni in tutti i continenti.
Nel 2014 la produzione delle imitazioni del Parmigiano e del Grana ha superato i 300 milioni di chili realizzati per poco meno della metà negli Stati Uniti, dal falso parmigiano vegano a quello prodotto dalla Comunità Amish, dal parmesan vincitore addirittura del titolo di miglior formaggio negli USA, al kit che promette di ottenerlo in casa in appena 2 mesi. Ma anche quello in cirillico che si è cominciato a produrre in Russia dopo l’embargo. E poi il parmesao brasiliano, il reggianito argentino e il parmesan perfect italiano, ma prodotto in Australia.
E sono solo alcuni degli esempi di falsificazioni portate in piazza che, come ricorda la Coldiretti, tolgono spazio di mercato al prodotto originale. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione con le produzioni in Wisconsin, California e New York, le imitazioni sono molte diffuse dall’Australia al Sud America, come pure nei Paesi emergenti, mentre sul mercato europeo ed in Italia sono arrivati i cosiddetti similgrana, di bassa qualità e spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia.
Una concorrenza sleale nei confronti degli autentici Parmigiano Reggiano e Grana Padano che devono essere ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione.
Da difendere c’è un sistema produttivo dal quale si ottengono circa 3,2 milioni di forme all’anno, con 363 piccoli caseifici artigianali della zona tipica alimentati dal latte prodotto nelle appena 3.348 stalle rimaste nel 2014, dove si allevano 245 mila vacche.
Una stagionatura che varia da 12 a 24 mesi, il divieto nell’uso di insilati, additivi e conservanti nell’alimentazione del bestiame, un peso medio delle forme di 40 chili, l’impiego di 14 litri di latte per produrre un chilo di formaggio e 550 per produrre una forma sono le caratteristiche distintive del prodotto alimentare italiano più conosciuto e più imitato nel mondo, che ha ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento della loro determinazione a conservare inalterato nel tempo il metodo di lavorazione e l’altissimo livello qualitativo del formaggio che può contare su ben nove secoli di storia.
Le origini del Parmigiano Reggiano risalgono al Medioevo e vengono generalmente collocate attorno al XII secolo quando nei monasteri benedettini e cistercensi di Parma di Reggio Emilia si diffuse la produzione di un formaggio a pasta dura, ottenuto attraverso la lavorazione del latte in ampie caldaie.
Tra le prime citazioni quella di Giovanni Boccaccio che nel Decamerone nel 1351, nel descrivere il Paese del Bengodi diceva “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva”.
di Mariangela De Stefano
24 Settembre 2015