La “battaglia della pasta” è cominciata dopo che la Barilla ha annunciato che sul mercato USA proporrà una pasta che non si bolle né si scola. “No alla pasta che non si scola, pronta in due minuti o in scatola. Vanno difesa la storicità e la tradizione più genuina del Made in Italy” ha detto Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonima azienda di famiglia, produttrice di pasta, che boccia le novità lanciate sul mercato nel corso degli anni.
Ultima in ordine di tempo, appunto, la pasta che si cuoce senza bollire nell’acqua e che, quindi, non si scola, prodotta da Barilla solo per gli Stati Uniti. “Non conosco questo nuovo prodotto”, ha precisato Divella, “ma personalmente sono contrario. A mio avviso noi per primi non dovremmo fare queste prove perché vanno contro la storicità e la tradizione del Made in Italy che presuppongono che la pasta si metta in acqua e dopo la bollitura la si scoli e la si mangi”.
Poi l’imprenditore ha ammesso che “è vero che più si fanno cose nuove più il cliente si attacca al marchio. Ma è importante difendere la tradizione perché ce la riconoscono tutti. Altrimenti tutti faranno la pasta e non guarderanno più a quella qualità italiana per cui oggi sono pronti a pagare di più”.
Il mercato infatti è in espansione. “La dieta mediterranea trionfa dappertutto”, ha osservato Divella, “si mangia la pasta anche in Cina, tutti i grandi pastai italiani stanno invadendo il Paese orientale, chi in partnership, chi da solo, chi trovando un importatore. Poi c’è l’India, se riusciamo a entrare anche lì non basterà la pasta per gli italiani”.
“Le nazioni dove c’è più richiesta di prodotto restano l’America, l’Australia, il Giappone. Poi la Germania, la Francia, l’Inghilterra dove siamo presenti tutti da anni”, ha detto ancora.
Oltre ovviamente all’Italia. “Noi l’anno scorso abbiamo prodotto un 2-3% in meno. Il dato non è dovuto però a una flessione dei consumi, ma ad un migliore utilizzo del prodotto. La pasta cotta che avanzava prima la si buttava. Ora, probabilmente più al Sud che al Nord, diventa frittata di pasta per la sera. La pasta secca di diversi tipi che resta la si mette insieme e la si mangia con i legumi. La crisi è anche questo: un maggior e miglior utilizzo del prodotto, senza buttare niente”, ha aggiunto il produttore.
Tornando alle possibili innovazioni nel campo della pasta, Divella ha osservato che “nel nostro settore sono pochissime. Si può fare qualche formato in più, noi facciamo 160 formati, ma di questi solo 30 girano ogni giorno. Per quanto riguarda la qualità ormai, con le tecniche moderne di produzione e con i grani che abbiamo nel mondo, riusciamo a fare un ottimo prodotto”, ha sottolineato.
“Novità possono esserci nell’innovazione tecnologica, ma quella non dipende da noi, noi la acquistiamo. Io ad esempio sto sostituendo una macchina che fa 250 quintali al giorno di spaghettami con una che, nello stesso spazio di tempo, produrrà 1.750 quintali”.
Poca fiducia da parte del produttore nelle farine alternative. “Sono mode, come prima lo era la pasta integrale. Si dice che siano migliori per la salute, ma nessuno lo ha provato. E allora, perché pagare di più soprattutto ora che si bada anche a qualche centesimo sulla pasta?” si è chiesto.
“Noi facciamo semole classiche e farine classiche e così continueremo a fare. Facciamo anche pasta integrale, ma a fronte di 10mila quintali di pasta normale secca al giorno, produciamo solo 50 quintali di pasta integrale al giorno”, ha proseguito Divella mettendo in evidenza di credere “di più nei prodotti senza glutine, di cui si sente la necessità, o al biologico quando finalmente il settore si moralizzerà, perché in questo momento a mio avviso non tutti fanno un prodotto biologico che è effettivamente biologico. Lo dico con molta serietà e sincerità”.
di Dario de Marchi
13 aprile 2015