Per il vino veneto, compreso il Prosecco, ossia l’italiano con le bollicine tra i più apprezzati nel mondo, potrebbe presto partire l’“operazione trasparenza”. A farsi promotore di una chiarezza nei vini veneti è stato l’agronomo Luca Zaia, Governatore della Regione, con l’obiettivo che il Veneto si proponga per il futuro come la “cantina d’Italia”, una delle più apprezzate nel mondo, come compatibile e sana. Con questa preoccupazione Zaia, già Ministro dell’Agricoltura, vuole che le bottiglie del vino veneto abbiano in etichetta tutte le informazioni sul contenuto per fare chiarezza e debellare gli abusi nell’uso di additivi chimici nei trattamenti fitosanitari. “È una misura di sicurezza in più per il consumatore che è divenuto più sofisticato, più esigente e attento”, ha detto il governatore.
La sua iniziativa intende inoltre introdurre pure una forma di protezione di un inestimabile patrimonio produttivo, di enorme valore non solo economico, ma anche sociale e culturale. Insomma, un simbolo delle migliori produzioni venete.
Le uve venete incidono per circa il 12% sul Pil regionale, che si attesta complessivamente sui 6 miliardi. Il Veneto è il più grande vigneto del Paese e la sua produzione supera i 10 milioni di ettolitri. Sono ben 52 i suoi vini, tutti di altissima qualità, contrassegnati da 28 Doc, 14 Docg, 10 Igt, prodotti dalla coltura di 80 mila gli ettari di vigneti e con una esportazione che va oltre il miliardo e 700 milioni di euro. in questo contesto di eccellenze nel mondo, il Prosecco è la più robusta Doc d’Italia e da solo questo “pesa” per almeno mezzo miliardo di euro.
La ricaduta sociale, oltre che economica, del “Vigneto Veneto” è di circa 2 milioni di persone occupate in 27 mila aziende. È il frutto di una passione antica, di una cultura quasi atavica. Basti pensare che la storia dell’enologia veneta, se non addirittura nazionale, ha un DNA in gran parte trevigiano, in particolare di Conegliano, dove è sorta la prima scuola enologica.
Zaia non è nuovo in questo impegno sul fronte della vitivinicoltura. Quando nel 2009 era ministro della Repubblica stabilì precisi limiti perché il settore non fosse vittima del proprio successo e non si realizzasse una effimera bolla. Allora indicò il Glera come vitigno e il Prosecco nel registro dei vini. Non solo da Ministro, ma prima ancora da Assessore della Provincia a Treviso e ora da Governatore della Regione, Zaia ha puntato a preservare il patrimonio vitivinicolo della regione dal rischio di inquinamenti provocati dai trattamenti chimici. In questo contesto l’etichetta trasparente ed eloquente applicata alle bottiglie è un traguardo che condivide anche con i produttori.
Proprio a Crocetta del Montello, nella suggestiva sede di Villa Sandi, l’enologo Riccardo Cotarella, che presiede l’Unione Mondiale degli Enologi, ha messo a segno un’altra significativa tappa della sua iniziativa: WRT. È l’acronimo di Wine Research Team, impegnato a delineare una nuova frontiera del vino italiano, spostando l’attenzione della più avanzata ricerca scientifica e dell’innovazione spostandola soprattutto dalla cantina al vigneto, in cui all’insegna della compatibilità e salubrità applicare nuove sperimentazioni volte a ridurre l’uso dei prodotti chimici e a rafforzare la qualità dei vini italiani. Un’iniziativa che sta galvanizzando non solo università e centro di ricerca, ma anche molti produttori, tra cui Massimo D’Alema e Linda Giuva e Bruno Vespa. E che ha visto in quella sede l’adesione anche di un paio di aziende del settore vitivinicolo di Giappone e Francia.
La storia di questa evoluzione e sensibilità dei consumatori e dei produttori di vino verso il tema della compatibilità ambientale parla da solo. Se fino a 10 anni fa nessuno sollevava problemi per l’uso del solfato di rame nei vigneti, oggi questo stesso trattamento non è più accettato. Del resto il settore della viticoltura biologica sta crescendo a doppia cifra. E, quindi, è inevitabile la certificazione dei vini, passando attraverso anche l’etichetta delle bottiglie.
di Patrizia Marin
19 Agosto 2016