Neppure ad Expo Milano 2015 il Made in Italy riesce a vedere accreditate le sue peculiarità e a difendersi dalle contraffazioni che sfruttano l’italian sounding. In almeno un Paese su quattro, ossia il 25 per cento per dirla in breve, tra quelli che partecipano ad Expo sono infatti realizzate e vendute diffusamente fantasiose ed imbarazzanti interpretazioni di piatti e prodotti alimentari falsamente italiani in sfregio all’identità del Made in Italy. È quanto emerge da uno studio condotto dalla Coldiretti e divulgato all’assemblea nazionale, proprio ad Expo, dove per la prima volta è stata realizzata una esposizione con esempi scovati nei diversi Continenti per denunciare pubblicamente l’oltraggio che si realizza a danno dell’identità e della reputazione della cultura alimentare italiana.
Dal Thai pesto, che corregge in stile orientale la prestigiosa salsa ligure, alla Sauce Maffia del Belgio per intingere le patatine, dal kit statunitense per preparare in pochi giorni a casa il Parmigiano a quello per il vino Barolo, ma ci sono anche gli improbabili tortelloni con la polenta austriaci, i chapagetti coreani e il prosciutto San Daniele del Canada, oltre agli spaghetti alla bolognese, diffusi ovunque tranne che in Italia, tra gli esempi delle storpiature che, come ricorda la sottolinea la Coldiretti, è costretto a subire il patrimonio enogastronomico italiano nel mondo.
“Non solo monumenti. Ad essere sfregiato nel mondo è anche il Made in Italy alimentare, dallo sfruttamento di antipatici stereotipi per fare marketing sulla pelle degli italiani alle maldestre rivisitazioni di antiche ricette, dalla ridicolizzazione di storici processi produttivi ai nomi storpiati, dalla banalizzazione delle denominazioni fino ai piatti tricolore inventati di sana pianta”, ha affermato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, nel sottolineare che “l’Expo Milano 2015 può rappresentare un momento di svolta per la tutela del patrimonio alimentare e culinario italiano che è il più apprezzato, ma anche il più offeso nel mondo”.
L’elenco degli orrori denunciati ed esposti dalla Coldiretti è infatti molto lungo e comprende il caffè Mafiozzo stile italiano della Bulgaria, ilvino bordolino bianco dell’Argentina, la zottarella della Germania da dove arriva anche la Firenza salami, ma la confusione regna sovrana anche in Messico dove si vende un Parma Salami Genova, mentre dalla Romania arriva il Barbera bianco, dal Brasile la Pomarola, ilsalame toscana dalla Danimarca, il Chianti bianco della Svezia, dall’Egitto l’Italiano pasta e dagli Usa il sugo all’arrabiatta, mentre Proseccoe Parmesan, con tanto di scritta in cirillico, vengono dalla Russia che proprio ad Expo Milano 2015 ha dovuto ritirare dal proprio padiglione alcuni formaggi di produzione nazionale che scimmiottavano palesemente quelli italiani con il marchio Prego “Italian Style” con una scritta”Original Italian Recipe”.
In realtà, a differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi, a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia da dove arriva il Parmesan con il marchioPerfect italiano, ma molto diffuse sono le imitazioni dei prodotti tipici e i piatti della cucina italiana completamente inventati come la “Pasta con mais, erbe e Parmesan” indicata sul sito ufficiale di Masterchef Australia.
La situazione è ancora molto più grave negli Stati Uniti dove il 99 per cento dei formaggi di tipo italiano è realizzato in California, Wisconsin e nello Stato di New York, nonostante i nomi richiamino esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola.
Il problema riguarda anche i salumi con la Finocchiono Milano’s Suino D’Oro, il salame toscano o il salame calabrese, tutti rigorosamente Made in Usa, come anche l’olio di oliva Pompeian, il Chianti californiano e i pomodori San Marzano ‘spacciati’ come italiani.
“La tutela del patrimonio agroalimentare all’estero è una area prioritaria di intervento per le Istituzioni a tutela dell’identità nazionale, ma anche per recuperare risorse economiche utili al Paese e per tornare a crescere”, ha affermato ancora il presidente della Coldiretti nel sottolineare che la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari fa perdere al vero Made in Italy oltre 60 miliardi di euro di fatturato all’estero che potrebbero generare trecentomila posti di lavoro. In questo contesto è particolarmente significativo il piano per l’export annunciato dal Governo italiano che prevede, per la prima volta, azioni di contrasto all’italian sounding a livello internazionale”, ha concluso Moncalvo.
di Dario de Marchi
19 Luglio 2015