Capodanno? grazie a Giulio Cesare e papa Innocenzo XII

giano-marcopolonewsE anche questo Capodanno è archiviato. Tra tradizioni, auguri, buone intenzioni e propositi, brindisi e cibi vari (cin-cin a colesterolo e glicemia, tra i primi a festeggiare!) non abbiamo però mai avuto il tempo di fare una riflessione: chi ha inventato il Capodanno? Gli studiosi non sono tutti d’accordo e più che di certezze ci sono ipotesi. Secondo una ricorrente storia, i primi a festeggiare ciclicamente l’inizio di un nuovo periodo siano state addirittura le popolazioni vissute in Mesopotamia nel II millennio avanti Cristo! Convinte che il loro mondo fosse il risultato dell’aspra lotta tra il loro potente dio Marduk e Chiamati, la dea dei caos, dove ovviamente Marduk vinse, ogni anno ricordavano l’accaduto.

Da allora ai giorni nostri in mezzo ci sono stati i Romani del II secolo, sempre avanti Cristo che, sotto Giulio Cesare, il 1° di gennaio festeggiavano Giano Bifronte, il dio “di tutti gli inizi” nonché protettore di tutte le entrate e le uscite. La divinità bifronte era messa a protezione pure delle porte e, quindi, simbolicamente, anche dell’anno che se ne andava e di quello che veniva. I rituali romani erano complicati. Tutti si mobilitavano, sacerdoti e normali cittadini, che erano soliti invitare amici a pranzo e a lasciarsi andare a festeggiamenti sfrenati in onore di Giano. È in questo periodo, siamo nel 46 avanti Cristo, che entra in vigore il calendario cosiddetto “giuliano” (da Giulio Cesare), diviso in 365 (più uno ogni quattro).

Ma come si passa da Giano Bifronte a San Silvestro e al nostro Capodanno? Il primo passaggio non è noto. Si sa, invece, che il Santo, papa tra il 314 e il 335 dopo Cristo, battezzò nientemeno che l’imperatore Costantino, firmatario dell’editto di Milano col quale la religione Cristiana divenne “legale”. E ancora, sempre lo stesso Santo avrebbe poi liberato la città di Poggio Latino (Rieti) dal malefico drago che aveva la tana in una caverna papa-innocenzoXXII-marcopolonewsalla quale si accedeva, guarda caso, attraverso 365 gradini!

Nonostante il calendario giuliano e San Silvestro, il Capodanno però non veniva ancora festeggiato ovunque la notte del 31 dicembre, nemmeno in Occidente, nemmeno in Italia! Qualcosa cambiò quando nel 1691 papa Innocenzo XII emendò definitivamente tale calendario, da allora sì adottato quasi in tutta Europa, anche se ci vorrà del tempo perché la data diventi una vera e propria convenzione per tutti.

Comunque, riconoscendo che l’Anno Nuovo finiva il 31 dicembre, la Chiesa doveva trovare il modo di dare a tale data una certa importanza. E così, se a Roma la si dedicò alla Solennità di Maria, a Milano, la si ribattezzò con la dicitura di “Stile della Circoncisione”, presumendo che proprio in questa data sia stato circonciso Gesù Bambino. Per questo, insomma, il 1° di gennaio chi è cattolico ha il dovere di andare a messa.

È evidente che religione e ritualità pagana si mescolano da sempre nella celebrazione del 31 dicembre. Ognuno ci vede quel che vuole, ma su una cosa tutti sono d’accordo: comincia un nuovo anno ed è meglio avviarlo nel migliore dei modi! La necessità di ingraziarsi la divinità (Marduk prima, Giano dopo) attraverso rituali scaramantici è divenuta col tempo tradizione e le origini esatte si perdono nella notte dei tempi.

baciosottoilvischio-marcopolonewsSi dice che “ciò che si fa all’inizio dell’anno è ciò che si fa tutto l’anno”. Ed ecco pertanto che: la cena del 31, chiamata Cenone o Veglione, deve essere opulenta; alla mezzanotte è usanza scambiarsi gli auguri possibilmente brindando; bisogna consumare cibi “tondi”, simboleggianti il denaro, come uva, lenticchie, melograni (forse un tempo, più che di denaro, erano segno di vita, “semi” dai quali la vita germoglia, e di prosperità); indossare qualcosa di rosso, tinta da sempre simbolo di fortuna, forza, successo.

E l’usanza di baciarsi sotto al vischio? Sembra che l’abbiamo importata dai Celti, i quali tenevano il vischio, pianta parassita, in grande considerazione per diversi motivi. Uno di essi era che lo pensavano apportatore di fecondità, quindi di prosperità. Baciarsi sotto al vischio, dunque, è un rito beneaugurante.

Auguri!

 

di Dario de Marchi

1 gennaio 2015