Dal più antico vino del mondo a quello dell’Odissea, dal vino dei Celti ai Borboni ma la “guest star” è il vino poliglotta in 42 lingue del mondo: dallo swahili al persiano, dal tigrino al russo, fino al giapponese e all’arabo scelto come simbolo dell’Expo per far conoscere da tutti i visitatori i primati del patrimonio vitivinicolo Made in Italy. sono solo alcune delle novità del Vinitaly 2015 presentate all’apertura di domenica 22 marzo dalle ore 9,30 al Vinitaly di Verona allo stand della Coldiretti Centro Servizi Arena – nel corridoio tra i padiglioni 6 e 7.
La riscoperta della storia – sottolinea la Coldiretti – è la principale leva di innovazione su cui puntano quest’anno i produttori italiani per catturare i consumatori italiani e stranieri, ma non mancano esempi creativi che guardano al futuro come il vino “dietetico” o quello con etichetta in 42 lingue dedicato espressamente all’appuntamento dell’Expo. In Georgia 13 mila anni fa è sopravvissuta la vitis vinifera la madre di tutti i vitigni moderni ed è qui che è nata migliaia di anni fa l’arte di fare il vino conservato in grandi anfore di terracotta messe sottoterra. Da questo presupposto – informa la Coldiretti – l’azienda Tremonti di Imola ha preso le mosse per iniziare la prima produzione di vino in anfore di terracotta.
I titolari dell’azienda, Sergio, Vittorio e David Navacchia, hanno chiamato gli esperti georgiani a far da maestri e utilizzando una delle loro grandi anfore da 400 litri per la vinificazione. Oggi raccolgono il frutto del loro lavoro con le prime 600 bottiglie di un vino che hanno chiamato “Vitalba”. Si tratta di Albana ottenuto con 120 giorni di macerazione con le bucce in anfora, solo con lieviti indigeni dello stesso vino e senza solfiti. Dalla preistoria del vino alla leggenda.
Viene direttamente dall’Odissea – segnala la Coldiretti -l’idea di Martina Buccolini, giovane produttrice dell’azienda agricola SiGi di Macerata (Marche), di produrre un vino di giuggiole, sulla scorta di quello assaggiato da Ulisse nell’isola dei lotofagi. Narra Omero che alcuni uomini dell’equipaggio, una volta sbarcati si lasciarono tentare dal frutto del loto che fece loro dimenticare mogli, famiglie e la nostalgia di casa. In realtà pare che il loto di cui parla Omero sia proprio lo Zizyphus lotus, un giuggiolo selvatico, e che l’incantesimo dei Lotofagi non fosse provocato da narcotici, ma soltanto dalla bevanda alcolica che si può preparare coi frutti del giuggiolo.
Viene invece prodotto in Lomellina dall’azienda di Robbio (Pavia) Molino Miradolo di Fulvio Pescarolo – continua la Coldiretti – un vino realizzato con la tecnica dell’Arbustum gallicum sviluppata dalle popolazioni celtiche più di 2.500 anni fa. L’uva è torchiata a legna e vinificato secondo le descrizioni degli storici dell’epoca e successivamente viene travasata all’interno di speciali vasi in ceramica, che vengono collocati all’interno di una scatola di legno d’olmo riempita di paglia. Risale invece attorno all’anno mille o più precisamente all’anno 1150 quando i cavalieri Templari iniziarono a insediarsi in Sardegna. Il loro vino, storicamente riconosciuto e collegato con la presenza dell’Ordine in Planargia – informa la Coldiretti – era il Malvasia di Bosa, spumante dolce che viene prodotto oggi dall’Azienda Silattari di Bosa (Oristano) di Giovanni Porcu e Nicola Garippa. Sono il vento, il mare, il sole e l’antico suolo calcareo, che combinando fra loro in vincoli irripetibili consentono a questo particolare vino di raggiungere l’eccellenza.
E infine, si torna a tempi più recenti con il vino Vite Maritata prodotto dall’Azienda agricola “I Borboni” nell’Agro Aversano e Giuglianese (Caserta) che ha recuperato – fa sapere la Coldiretti – il vitigno dell’asprinio altrimenti condannato all’estinzione giungendo all’approvazione della pratica di riconoscimento prima della IGT e, nel 1993, della Doc Asprinio. Il vino dei Borboni matura in grotte scavate a 13 mt di profondità, uniche per i loro ambienti particolarmente adatti alla conservazione, in grado di assicurare fresco, giusta umidita, luce e temperatura costante nell’arco dell’anno.
Nello stand della Coldiretti al Vinitaly sono esposti anche altri vini particolari e caratteristici. Dalla linea di spumanti denominati “Essenza zero” (zero calorie), realizzati dall’Azienda agricola Ricchi di Monzambano (Mantova) nel totale rispetto del metodo classico, senza zuccheri aggiunti, al vino Valtellina superiore dell’Azienda agricola Alberto Marsetti di Sondrio il cui affinamento decennale si realizza ai 2700 metri sul livello del mare dove la condizione climatica è ottimale per la pace e i silenzi dell’alta quota. Specifico risalto all’etichetta, infine, viene dato da tre vini in bella mostra: l’abruzzese Testarossa dell’azienda Pasetti con l’etichetta in cuoio pregiato, il marchigiano Rosso Conero Doc prodotto dall’azienda Podere Giustini di Ancona che nelle etichette riproduce le centinaia di lettere di una tragica storia di amore familiare nata durante la seconda guerra mondiale e il lombardo Nettare dei Santi Igt Collina del Milanese dell’Azienda agricola San Colombano al Lambro di Gianenrico Riccardi che presenta una “etichetta globale” per far conoscere a tutto il mondo l’unico vino della città dell’Expo. Una etichetta unica – conclude la Coldiretti – con raffigurato il Duomo in bella vista e la descrizione del prodotto in 42 lingue del mondo: dallo swahili al persiano, dal tigrino al russo, fino al giapponese e all’arabo.
Redazione
22 Marzo 2015