La pizza, ormai apprezzata e nota in tutto il mondo, oltre ad essere cibo completo, nutriente e salutare, ambisce a diventare un simbolo internazionale e patrimonio immaterile dell’UNESCO. La petizione per chiedere l’inserimento dell’Arte della Pizza nella “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’ umanità”, lanciata da Alfonso Pecoraro Scanio su Change.org, con il sostegno della Coldiretti, dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e di Rossopomodoro, ha infatti raggiunto in soli pochi mesi 200.000 adesioni.
Le prime firme raccolte sono state consegnate al presidente della Commissione Italiana Unesco, professor Giovanni Puglisi, presso la sede Unesco di Roma in piazza Firenze da Alfonso Pecoraro Scanio, Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti; Franco Manna, presidente di Sebeto SpA; Sergio Miccù, presidente dell’ Apn (Associazione pizzaioli napoletani); Giuseppe Castiglione, sottosegretario al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ed Elio Lannutti, presidente dell’ Adusbef.
Partita a settembre dal “Napoli pizza Village”, la raccolta firme ha fatto il giro d’Italia, raccogliendo le adesioni di esponenti politici tra i quali: Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, Stefania Giannini, ministro dell’ Istruzione; Gianluca Galletti, ministro dell’ Ambiente e della tutela del territorio e del mare; Giuseppe Castiglione, sottosegretario al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali; Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio.
“Il riconoscimento dell’Unesco ha un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale”, ha Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, nel sottolineare che “è chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”.
Un rischio diffuso all’estero e un’occasione per fare chiarezza anche in Italia dove, secondo una analisi della Coldiretti, quasi due pizze su tre (63%) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori.
“Troppo spesso viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall’Est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell’ extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale”.
di Valentino Vilone
29 Gennaio 2015