Nasce in Messico, e non in India come invece il suo nome, fico d’India, fa pensare. Ma ormai è un frutto che a buona ragione rientra nella produzione anche del Made in Italy. Eppure per il suo aspetto, consistenza e sapore a tutti gli effetti viene ancora catalogato come un frutto esotico. È soprattutto nel Sud Italia che la pianta del fico d’India si è ben sviluppata e ormai fa parte integrante del paesaggio autoctono della macchia mediterranea.
Il panorama varietale della coltura in Italia è limitato sostanzialmente a tre cultivar che differiscono per la colorazione del frutto: gialla (Sulfarina), bianca (Muscaredda) e rossa (Sanguigna). La cultivar Sulfarina è la più diffusa per la maggiore capacità produttiva e la buona adattabilità a metodi di coltivazione intensiva. In genere vi è comunque la tendenza ad integrare la coltivazione delle tre cultivar, in modo da fornire al mercato un prodotto caratterizzato da varietà cromatica.
In Italia vengono prodotti da 750 mila a 850 mila quintali all’anno, prevalentemente nelle provincie di Catania, Caltanissetta e Agrigento. Infatti, il 90% della superficie coltivata a fico d’India è localizzata in Sicilia, il rimanente 10% in Basilicata, Calabria, Puglia e Sardegna. In Sicilia, oltre il 70% delle colture si concentrano in 3 aree: la zona collinare di San Cono, il versante sud-orientale delle pendici dell’Etna e la Valle del Belice.
Arrivò in Europa dopo la scoperta dell’America, ma per molto tempo è rimasto una curiosità botanica. Ma si è diffuso in modo naturale per la sua rigogliosità e anche grazie agli uccelli, che sono molto voraci dei suoi succulenti frutti, ricchi di semi, dal sapore fresco e dissetante, che ricorda gli aromi della papaya. E il resto lo hanno fatto il terreno fertile, il sole e, appunto, il clima mediterraneo. A farlo apprezzare inoltre sono le più recenti varietà genetiche e la lavorazione post raccolta consentono di avere un fico d’India ormai privi di spine, una croce in passato per poterlo assaporare.
A farlo apprezzare dai consumatori non è solo il suo gusto molto gradevole, ma anche le sue proprietà: oltre a contenere molta acqua, potassio e vitamine varie, secondo studi recenti contribuisce ad abbassa la glicemia, il colesterolo e i trigliceridi. E non basta. Ha anche molta fibra e i suoi semi danno un’azione di sazietà e sono in grado di ritardare l’assorbimento di lipidi e glucidi. Insomma, un frutto che dovrebbe essere fornito agli italiani dal Servizio Sanitario Nazionale per le sue caratteristiche e proprietà.
di Leonzio Nocente
15 Ottobre 2015