Record delle esportazioni nel 2013 per 33,6 miliardi di euro e stabilità della produzione, pari a 55 miliardi di euro. Sono due dei molti dati salienti che emergono dall’“XI Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura”, presentato dall’INEA-Istituto Nazionale di Economia Agraria al Ministereo delle Politiche Agricole e Forestali, alla presenza del Vice Ministro Andrea Olivero; il Commissario Straordinario INEA prof. Giovanni Cannata; la dirigente di ricerca INEA dr.ssa Alessandra Pesce e il direttore generale delle politiche internazionali e dell’UE dott. Felice Assenza.
Il valore aggiunto agricolo nel 2013 è stato in crescita dello 0,3%; il trend positivo delle esportazioni con +4.7% ha in parte attenuato la compressione della domanda aggregata interna, sia sul versante dei consumi (-3,1%) che degli investimenti (-4.7%). In questo scenario, il Rapporto analizza in dettaglio le scelte nazionali relative all’applicazione della riforma della PAC per il periodo 2014-2020. Il rapporto illustra il complesso processo di preparazione del nostro Paese a cogliere tutte le opportunità della nuova politica per il settore, soffermandosi con particolare attenzione sui punti che con maggior forza potranno influenzare il nostro sistema agroalimentare, i territori e l ambiente.
“Il rapporto costituisce uno strumento indispensabile per approfondire le dinamiche del settore agro-alimentare e meglio indirizza le azioni di governo. E mai come in questo momento le sue analisi sono appropriate, soprattutto per le riflessioni sulla complessa revisione della PAC, che ha evidenti effetti di carattere territoriale, tenendo in considerazione le diverse agricolture che compongono il nostro Paese”, ha dichiarato Andrea Olivero, Vice Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ricordando che “le iniziative messe in campo a livello nazionale rimarcano la necessità di rafforzare la competitività non solo attraverso il sostegno al settore ma anche con una semplificazione degli strumenti per fare impresa”.
“Il rapporto sullo stato dell’agricoltura”, ha detto Giovanni Cannata, “si conferma come un appuntamento istituzionale di riflessione e approfondimento sullo stato di salute di un settore oggi al centro di un interessante dibattito culturale ed economico. L’agricoltura è di nuovo protagonista di un modello di sviluppo che, pur non rinunciando all’attenzione sui volumi di produzione e sulla specializzazione monoproduttiva, presta crescenti attenzioni alla qualità, alla diversificazione, alle produzioni alternative e alla ricerca di nuove fonti di reddito per i giovani. Si tratta di un mondo ricco, poliedrico, che svolge una funzione complessa e vitale di tipo produttivo, ambientale, sociale e di presidio territoriale. Il far venir meno o il trascurare una di queste funzioni significa perdere un pezzo importante del ricco patrimonio con cui il settore primario contribuisce alla ricchezza del nostro Paese”.
“I numeri dimostrano che l’agroalimentare è una parte centrale dell’economia italiana. Gli oltre 33 miliardi di euro di export sono un risultato importante, ma vogliamo aiutare le aziende ad arrivare a 50 miliardi entro il 2020. La tenuta sostanziale della produzione è un segnale di come questo settore sappia essere anticiclico. Dobbiamo lavorare molto sul fronte del reddito degli agricoltori, sul ricambio generazionale e sull’accesso al credito. In questi mesi siamo intervenuti con Campolibero nella legge competitività con misure per i giovani come i mutui a tasso zero e 1/3 di sgravio del costo del lavoro per assunzioni più stabili, insieme a tre crediti d’imposta al 40% per investimenti in innovazione e reti d impresa fino a 400 mila euro e per e-Commerce fino a 50 mila euro. C’è ancora molto da fare, ma siamo convinti che l’agroalimentare possa essere uno dei motori della ripresa del Paese”, ha commentato a margine dell’incontro il ministro Maurizio Martina.
Ma vediamo alcuni dati che riepilogano l’esito del check-up relativo al 2013.
Il valore aggiunto dell’industria alimentare nel 2013 è stato quasi di 27 miliardi di €, con una contrazione in termini reali dell’1,5%. Nel complesso il valore aggiunto dell’industria alimentare ha rappresentato il 12% dell’industria manifatturiere e l’8% del totale del settore industriale.
Come nel 2012, anche nell’anno scorso le esportazione hanno continuato ad essere il maggiore traino dell’agroalimentare. Ma differenza del 2012 anche le importazioni sono state in sensibile incremento, a testimoniare la crescente integrazione internazionale dell’intero sistema agroalimentare, ma anche di una maggiore dipendenza dall’estero per l’acquisto di materie prime e beni intermedi.
Come nel 2012, pure nel 2013 ci sono stati segnali molto preoccupanti provengono dalla componente della domanda, con le contrazioni, in termini reali, dei consumi alimentari e degli investimenti fissi lordi per il settore. Le esportazioni agro-alimentari hanno raggiunto i 33,6 miliardi di € confermando l’importanza di questo flusso, che ha segnato una costante e continua crescita del proprio peso sul complesso dell’export italiani (dal 7,3% del 2008 all’8,6% del 2013). Anche l’anno scorso è migliorato il saldo normalizzato che già l’anno prima aveva registrato un certo rafforzamento.
E i consumi alimentari? La domanda di prodotti alimentari nel corso degli ultimi anni ha subito sostanziali ridimensionamenti, che in parte spiegano la diminuzione del valore aggiunto alimentare e la stagnazione di quello agricolo. Insomma i consumi di prodotti alimentari nel 2013 si sono attestati sui 138 miliardi di €, con una perdita del 3,1% rispetto all’anno prima.
Tra le tante voci che compongo l’analisi approfondita compiuta dall’INEA, un peso socio-economico rilevante lo ha l’occupazione. Anche l’anno scorso c’è stata una perdita di occupazione nel settore agricolo, pari al 4,1% sul 2012. Si tratta di un comparto che ha 814 mila occupati, di cui 230 mila sono donne. In agricoltura inoltre resta alto il tasso di lavoro irregolare, stimato per l’anno scorso intorno al 21% delle unità di lavoro. Le sole industrie alimentare, delle bevande e del tabacco hanno dato lavoro a 419 persone, l’1% in meno sul 2012, con una incidenza del 10,6% sul totale delle unità lavorative dell’industria manifatturiera.
16 ottobre 2014
di Dario de Marchi