Se si mettessero in vendita o in affitto i terreni agricoli pubblici si potrebbero creare 10 mila nuove imprese agricole condotte da giovani dando un concreto impulso positivo alla crescita del Pil in Italia. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti Giovani Impresa nel Dossier “Nella green economy c’è lavoro per i giovani”, presentato in occasione della consegna degli “Oscar Green”, i premi per l’innovazione con l’ Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Sono questi gli effetti del protocollo d’intesa appena firmato dalla Conferenza delle Regioni, dal Ministero delle Politiche Agricole, l’Ismea, l’Anci e l’Agenzia del Demanio che prevede la cessione ai giovani dei terreni agricoli che fanno capo a regioni ed enti locali. Si tratta – secondo il Dossier della Coldiretti – di oltre 140 mila ettari di superficie agricola utilizzata censiti dall’Istat per un valore stimato in 2,8 miliardi di euro sulla base dei valori fondiari medi in Italia.
La cessione di questi terreni toglierebbe a Comuni, Regioni e allo Stato il compito improprio di coltivare la terra (se poi è vero che la coltivano e, piuttosto, non la lasciano inutilizzata!), renderebbe disponibili risorse per lo sviluppo e la crescita del Pil, ma soprattutto avrebbe il vantaggio di calmierare il prezzo dei terreni, stimolare la crescita, l’occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante per la crescita del Paese.
Dal ritorno delle terre pubbliche agli agricoltori che le coltivano possono nascere nuove imprese o, in alternativa, essere ampliate quelle esistenti. Il programma di dismissione è già in atto con il Demanio, che ha appena pubblicato online i bandi che riguardano i primi 500 ettari dei 5.500 resi disponibili dalla Stato mentre alcune Regioni hanno creato le “‘banche della terra” dove censire i terreni pubblici disponibili ma in alcuni casi anche i terreni incolti dei privati. Nel dettaglio sono ben otto le Regioni (Abruzzo, Campania, Liguria, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto) che hanno approvato leggi per favorire l’accesso ai terreni pubblici dei giovani imprenditori agricoli mentre in altre cinque sono in itinere (Calabria, Lazio, Lombardia, Marche e Molise). Ai terreni alienati o locati, prevede il progetto, non potra’ essere attribuita una destinazione urbanistica diversa da quella agricola prima di 20 anni dalla trascrizione dei contratti nei pubblici registri immobiliari.
“La dismissione della proprietà pubblica dei terreni agricoli non solo toglie allo Stato, alle regioni e ai Comuni il compito improprio di coltivare la terra e rende disponibili risorse per lo sviluppo, ma soprattutto dà un impulso alla crescita, all’occupazione e alla redditività delle imprese che realizzano performance migliori in agricoltura quando sono condotte da giovani”, ha affermato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti.
“La disponibilità di terra è il principale ostacolo alla nascita di nuove imprese agricole e il 50% delle imprese agricole già esistenti condotte da giovani ha bisogno di disponibilità di terra in affitto o acquisizione, secondo una indagine Coldiretti/Ixè”, ha continuato Maria Letizia Gardoni, delegata di Coldiretti Giovani Impresa. In Italia il costo della terra ha superato i 20 mila euro, un valore superiore a quello di Germania e Francia. Dietro il valore medio si nasconde però una forte variabilità, con valori che partono dai mille euro all’ettaro dei pascoli della provincia di Catanzaro con un ettaro di frutteto o vigneto nelle zone di produzione più celebri, dalla Toscana al Trentino Alto Adige, che può andare da 500 mila a oltre un milione di euro ad ettaro.
Nella stessa occasione, l’organizzazione imprenditoriale degli agricoltori ha preconizzato che nell’Italia del futuro ci saranno più di due cuochi per ogni operaio, con la crisi che ha cambiato profondamente le aspirazioni dei giovani ed ha provocato il crollo delle iscrizioni agli istituti professionali con indirizzo industriale, scese al minimo storico rispetto al boom delle scuole di enogastronomia e turismo.
L’analisi di Coldiretti Giovani Impresa si sofferma sulle iscrizioni alle prime classi della scuola secondaria di secondo grado, statali e paritarie, nell’anno scolastico 2014/2015, contenute nel Dossier “Nella green economy c’è lavoro per i giovani”.
Quest’anno si sono iscritti al primo anno degli istituti professionali per le produzioni industriali, la manutenzione e l’assistenza tecnica appena 20.435 giovani, con un calo record del 58% rispetto all’anno scolastico 2007/2008, mentre hanno optato per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera in ben 48.867, con un aumento del 18% rispetto all’anno scolastico 2007/2008, che ha sancito l’inizio della crisi in Italia.
Le aspirazioni dei giovani italiani sono state profondamente ridisegnate e si è verificato un sorpasso storico con l’alberghiero che conquista il secondo posto nelle scelte dei neoiscritti dopo il liceo.
“E’la dimostrazione che i giovani prima e meglio di altri hanno capito che l’Italia per crescere deve puntare su quegli asset di distintività nazionale che garantiscono un valore aggiunto nella competizione globale come il territorio, il turismo, la cultura, l’arte, il cibo e la cucina”, ha affermato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti.
A crollare sono stati anche gli iscritti alle prime classi degli istituti tecnici di amministrazione, finanza e marketing con appena 45.531 studenti che vogliono diventare ragioniere, la figura professionale più ambita dalle generazioni precedenti. Esce, dunque, completamente rivoluzionata la classifica “top five” delle scuole più gettonate dai giovani. Nell’anno scolastico 2014/2015 si sono iscritti al primo anno delle scuole secondarie superiori 530.911 studenti e di questi oltre 266.360 hanno scelto un indirizzo liceale, mentre per gli istituti tecnici e professionali della scuola secondaria di secondo grado, statali e paritarie hanno optato in 264.541, tra cui quasi uno su quattro (il 24%) ha scelto l’agricoltura, l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera.
“Come giovani riteniamo che immaginare la scuola del futuro come avamposto per lo sviluppo del made in Italy, come è stato fatto nel piano educativo ‘la buona scuola’, sottoposto a consultazione pubblica dal Ministro Giannini, testimonia un’importante visione strategica, che coniuga la formazione delle nuove generazioni con un modello di sviluppo che è quello che Coldiretti sta sostenendo e portando avanti da diversi anni, basato su quanto di più bello, duraturo e sostenibile l’Italia è in grado da sempre di fare”, ha concluso Maria Letizia Gardoni, delegata di Giovani Impresa della Coldiretti.
14 novembre 2014
di Alberto Ercoli