L’inchiostro da scrittura che usiamo nelle nostre penne ed in particolare nello stilografiche, della cui produzione l’Italia fa vanto nel mondo, ha origini molto antiche e non più recenti come si pensava. Un team scientifico internazionale, coordinato da Vito Mocella dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Imm-CNR), di Napoli, ha infatti scoperto allo European Synchrotron Radiation Facility (Esrf), di Grenoble (Francia), la presenza di un inchiostro metallico in due frammenti di rotoli di Ercolano, dimostrando che il suo utilizzo inizia ben quattro secoli prima di quanto finora ritenuto. Allo studio, pubblicato sulla rivista “Proceeding of National Academy of Sciences of the United States of America (Pnas)”, hanno partecipato anche l’Institut national de la santé et de la recherche médicale, l’Università di Grenoble – Alpes, il Cnrs (Francia) e l’Università di Gand (Belgio).
“Finora si pensava che prima del IV-V secolo d.C. il metallo non fosse presente nell’inchiostro dei papiri greco-romani. Infatti la prima miscela ferro-gallica identificata come inchiostro di scrittura di pergamena risale solo al 420 d.C. In seguito, gli inchiostri metallici sono diventati la norma per i documenti della tarda antichità e per la maggior parte di quelli del Medioevo”, ha detto Mocella.
“Con il nostro lavoro, combinando diverse tecniche non distruttive di luce di sincrotrone, abbiamo dimostrato la presenza di piombo nella composizione dell’inchiostro di due frammenti di papiri della biblioteca di Ercolano, ovviamente precedenti all’eruzione dell’anno 79 d.C., stabilendo inoltre che l’alta concentrazione del metallo non può dipendere da una eventuale contaminazione del piombo presente nei sistemi idrici o dall’utilizzo di un calamaio di bronzo”, ha aggiunto l’esperto del CNR.
I ricercatori hanno impiegato diversi metodi di imaging per analizzare i reperti. “Grazie alla potenza di fascio di sincrotrone di Esrf le analisi sono state molto veloci, ossia un decimo di secondo a pixel, il che ci ha permesso di acquisire numerosi dati molto rapidamente e su tutti i campioni”, ha proseguito il ricercatore dell’Imm-CNR e, quindi, “abbiamo la certezza della correlazione tra informazione chimica e la traccia visibile delle lettere”.
L’équipe internazionale, che già lo scorso anno era stata in grado di rivelare alcune lettere greche e un alfabeto quasi completo nei rotoli di Ercolano carbonizzati dall’eruzione del Vesuvio, ha pertanto segnato un nuovo traguardo nello studio di questi affascinanti manoscritti, aprendo di fatto nuove prospettive di ricerca anche per altri reperti archeologici.
“Grazie alle competenze diversificate messe in campo e all’utilizzo delle tecniche disponibili su diverse linee di luce di Esrf, abbiamo spinto ad un livello mai raggiunto la nostra conoscenza degli inchiostri del periodo Classico dell’antichità e pensiamo di poter ottimizzare la tecnica e le lunghezze d’onda della luce da utilizzare per l’analisi e la lettura di altri documenti antichi”, ha concluso Mocella.
di Letizia Freschi
29 Marzo 2016