Sui formaggi Dop l’Italia batte la Francia realizzando un importante “soprasso” che andrà a corroborare il Made in Italy. Con gli ultimi riconoscimenti, infatti, salgono a 48 i formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) tutelati dall’Unione Europea con l’Italia che, di fatto, sorpassa la Francia ferma a 45. Il nostro Paese così diventa leader europeo e mondiale nella produzione casearia di qualità. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della Giornata ufficiale del latte promossa da Expo Milano 2015 e dal Ministero delle Politiche Agricole.
La sfida tra Italia e Francia nella produzione di formaggi ha radici lontane e se Charles De Gaulle si chiedeva come governare la Francia che ha più formaggi che giorni nel calendario, la situazione non gli sarebbe parsa certamente più facile in Italia che di formaggi tradizionali censiti dalle Regioni ne ha ben 487. E si aggiungono a quelli denominazione di origine protetta (Dop) ai quali è destinato circa la metà del latte consegnato dagli allevamenti italiani (45,5 per cento per circa 50 milioni di quintali).
Il vantaggio del Belpase sulla Francia è ancora più eclatante se si considerano le quantità, con la produzione di formaggi a denominazione di origine italiana che è vicina a 500 milioni di chili, praticamente il doppio di quella realizzata dai cugini d’oltralpe.
E lo schiaffo brucia ancora di più se si considera che le esportazioni di formaggi italiani in Francia, con un aumento del 4%, sono risultate superiori a quella dei formaggi francesi in Italia, in calo del 3% nel 2014, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat.
Nonostante questi primati produttivi, con 20,7 chilogrammi per persona all’anno gli italiani sono solo settimi nel mondo per consumo di formaggi, preceduti dai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri.
Ma a preoccupare è anche la qualità dei formaggi venduti in Italia al di fuori delle denominazioni tutelate, con quasi la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, anche se nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
Dalle frontiere italiane, infatti, passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.
Complessivamente in Italia sono arrivati 8,6 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yoghurt e altro) che vengono utilizzati per realizzare latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori.
Ad oggi in Italia è obbligatorio indicare la provenienza del latte fresco, ma non per quella a lunga conservazione. L’etichetta resta anonima anche per i formaggi non a denominazione di origine, per le mozzarelle e gli yoghurt.
“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti”, ha affermato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, nel sottolineare che “nell’anno dell’Expo, la chiusura delle stalle rischia di far perdere all’Italia il primato nella produzione di formaggi a denominazione di origine (Dop) che contribuisce a forgiare l’identità nazionale in campo alimentare”.
In questo contesto è particolarmente grave il recente rapporto della Commissione Europea secondo cui, per talune categorie di prodotti alimentari come latte e prodotti caseari, sarebbe meglio optare per una indicazione volontaria dell’origine, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario.
Secondo le organizzazioni professionali dei produttori italiani, si tratta di un parere in netto contrasto con gli interessi dei cittadini europei espressi attraverso Eurobarometro e di quelli italiani che hanno risposto numerosi alla consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf). L’inchiesta ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015, i quali nell’89% dei casi ritengono che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero-caseari. Un risultato che, sulla base del regolamento comunitario n.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, consente all’Italia di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti.
di Patrizia Tonin
1 Giugno 2015