Made in Italy
Nei miei frequenti viaggi all’estero, in qualunque continente mi fossi ritrovato, mi veniva spontaneo fare quello che si potrebbe chiamare un “giochino”. Da buon nazionalista nei consumi, mi divertivo a verificare, anzi a cercare con gli occhi, i simboli del “made in Italy”.E ad essere orgoglioso quando li riscontravo. Non sono mai rimasto deluso. Magari senza il clamore dei grandi brand americani, capaci, proprio per la loro dimensione di essere big spender nell’advertising, di “comperare” spazi nella cartellonistica stradale o nei principali o più diffusi giornali, anche a bordo di aerei e navi, i marchi italiani comparivano un po’ dovunque.
Sono nelle vetrine dei negozi di abbigliamento, negli alberghi, ristoranti e bar,soprattutto esclusivi. Rara, se non addirittura pressoché latitante, solo la circolazione delle auto con i pochi marchi (rimasti) del made in Italy, se si escludono le poche Ferrari e Maserati.
Quando si è all’estero e si vuole un buon caffè o un cappuccino ormai è prassi, ma anche motivo di distinzione, che vengano serviti prodotti italiani. Come italiani lo sono capi di abbigliamento e tessuti, simboli di uno stile inevitabilmente elegante, senza essere snob. Sartoria di classe, insomma. E la loro parte la fanno, in giro per il mondo, pure i prodotti di pelle, dalle scarpe alle borse, e la gioielleria. Oggetti che di solito sono nella fascia alta della qualità.
Su questo versante la Confindustria ha colto la palla al balzo ricordando che «le imprese italiane devono continuare ad avere un ruolo da protagoniste nello scenario degli scambi internazionali. C’è una classe di consumatori benestanti che cresce nelle aree più diverse del mondo, dobbiamo intercettarla. Noi siamo pronti», ha dichiarato Licia Mattioli, presidente del Comitato tecnico per l’internazionalizzazione e gli investitori esteri di Confindustria in occasione del “XIII Forum del Comitato Leonardo”.
Sulla medesima linea si è posta Luisa Todini, presidente del Comitato, secondo la quale «innovazione, qualità e competitività restano i fattori chiave da cui far partire l’ azione di rilancio delle nostre imprese all’ estero. Questo vale a maggior ragione nei Paesi in cui la presenza italiana rappresenta un trend consolidato e il made in Italy, più che altrove, mantiene inalterata la sua attrattività, restando sinonimo di esclusività, eleganza, sostenibilità».Un filone di qualità su cui si sono gettati non solo i concorrenti, ma anche i contraffattori, sfruttando la scia positiva con i loro prodotti non-italiani ma contraddistinti da nomi che riconducono al nostro paese o ai suoi marchi famosi. Insomma, è l’Italy sound!.
Ma c’è un made in Italy meno appariscente, ma molto importante per la nostra bilancia commerciale. Un settore che non percepiamo, non vediamo, non viene mostrato ma è fondante: quello delle macchine utensili e, non secondario, dell’automazione e dei robot. Non fanno bella mostra di sé nelle vetrine di lusso, ma sono nelle fabbriche a rendere migliori i processi produttivi.
Nonostante la crisi che da troppo tempo sta colpendo non solo il Vecchio Continente, infatti, l’industria italiana del settore ha riconquistato la quarta posizione nella graduatoria mondiale dei produttori, superando al fotofinish la Corea del Sud, e si è confermata terza nella classifica degli esportatori.
In particolare, lo scorso anno la produzione made in italy di macchine utensili ecc. si è attestata a 4.487 milioni di euro. Il rapporto tra export e produzione è cresciuto al 75,4%. A fare la fotografia di un comparto non appariscente è stato Luigi Galdabini, presidente dell’UCIMU, l’associazione delle imprese del settore.
E se il 2013 ha risentito della congiuntura negativa, il Centro Studi e Cultura di Impresa di UCIMU, ha già previsto che nel 2014 l’industria italiana di settore tornerà a crescere. Quest’anno la produzione salirà del 4,4%, attestandosi a 4.685 milioni di euro. Le esportazioni cresceranno del 4,7% arrivando a 3.545 milioni. Salirà ulteriormente il rapporto export su produzione al 75,7%.
L’ultima rilevazione, relativa al periodo gennaio-marzo 2014, ha messo in evidenza una ripresa delle vendite made in italy oltreconfine che si è concretizzata in un incremento del 2,1% rispetto al primo trimestre del 2013. La solita Germania torna a guidare la graduatoria dei Paesi di sbocco in virtù di un incremento del 17,6% degli acquisti di macchine utensili italiane, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Seguono Cina e Stati Uniti. Bene la Francia. A chiudere le posizioni di vertice della graduatoria: Russia e India.
(di Dario de Marchi)