“La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e Paesi, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato”, diceva Albert Einstein nel 1955. Non c’è frase più adatta per descrivere un processo di qualità che negli anni sta sempre più improntando il Made in Italy.Ad esempio per il vino ricorre proprio in questi giorni il 30.mo tristissimo anniversario dello scandalo del vino al metanolo. Con il titolo “Accade domani” e la crescita del Made in Italy verso la qualità, la Coldiretti e la Fondazione Symbola, presente il ministro Maurizio Martina, hanno voluto sancire l’importante evoluzione avvenuta in questi anni per risorgere dalla crisi e lasciarsi alle spalle le negatività. Ne è emersa una splendida fotografia serie dei settori di punta del Made in Italy e dei notevoli progressi qualitativi.
Guardando il settore del vino, sono stati messi a raffronto i dati de 1986 e 2015. Ecco le differenze: ai 77 milioni di ettolitri del primo anno corrispondo i 47 milioni del secondo; il valore nominale in milioni di euro nello stesso periodo è passato da 4.200 a 9.400, mentre l’indice di qualità italiano rispetto alla media mondiale dal -36% è assurto al +48%. E si è visto come la qualità abbia fatto salire il vino italiano al primo posto nel mondo.
Altra voce di rilievo nell’export del Made in Italy è quella del calzaturiero. Gli anno di raffronto sono il 1989 e il 2014. Dalle 218 migliaia di tonnellate del primo anno si è scesi a 1165, ma di qualità. Così che il valore delle esportazioni dai 5 mila milioni di dollari del 1989 è andato a 11 mila milioni. E l’indice di qualità italiana rispetto a quella media mondiale dal -14% si è appostato ad un eloquente +137%.
Un percorso analogo lo hanno fatto le esportazioni italiane nella meccanica per l’industria alimentare. Nel 1989 il fatturato estero del nostro Paese era stato di 68 migliaia di tonnellate, nel 2014 si è collocato a 157 mila tonnellate. Il valore nominale del nostro export dai 952 milioni di dollari è salito a 4.100 milioni; l’indice di qualità nazionale nei raffronti della media mondiale dal -23% del 1989 si è appostato ad un cauto -0,5%.
Altra stella del Made in Italy è quella dei mobili da cucina. Nel 1989 il nostro export quotava 24 migliaia di tonnellate, ma nel 2014 saliva a 122 mila tonnellate; il valore nominale delle vendite italiane all’estero da 86 milioni di dollari è salito a 872 milioni di euro; l’indice di qualità nazionale rispetto alla media mondiale dal +0,3% è andato a +50%.
Anche gli occhiali sono un punto di forza del Made in Italy all’estero. Nel 1989 esportavamo 2 mila tonnellate, nel 2013 ben 13 mila tonnellate; il valore nominale dell’export italico era di 413 milioni di dollari, ma nel 2014 è arrivato a 3.980 milioni di di dollari. Per quanto riguarda l’indice di qualità nazionale versus il dato medio mondiale dal -23% si è attestato al +272%.
L’abbigliamento in pelle ha pure fatto progressi. Nel 1989 la quantità esportata era di 1,9 migliaia di tonnellate ma già nel 2014 è stata di 2,3 migliaia di tonnellate; il valore nominale della produzione nazionale collocata all’estero da 233 milioni di dollari è arrivato a 787 milioni; il raffronto tra l’indice di qualità italiana nei confronti di quella media mondiale da +20% è salita a +233%.
La foto di Coldiretti e Fondazione Symbola espone anche una interessante classifica dei 10 campioni dell’export del Made in Italy. Nel 2014, in particolare, la parte del leone l’ha fatta l’agroalimentare con 36,8 miliardi di dollari. E poi il settore delle macchine utensili, con un export di 20,2 miliardi di dollari. Segue il comparto borse e pelletteria: 12,8 miliardi di dollari di esportazioni. Le calzature italiane hanno fatturato oltreconfine 10,8 miliardi di dollari; i casalinghi di metallo nostrani hanno imboccato l’estero per 7,8 miliardi di dollari; le esportazioni di motori e turbine hanno inciso per 7,7 miliardi di dollari; il solo vino venduto all’estero ha inciso per 6,8 miliardi di dollari; i frigoriferi e ventilazione industriale collocati oltre confine sono stati pari a 6,7 miliardi di dollari; stesso valore le esportazioni di macchine per la logistica; il tessilesvetta su 5,5 miliardi di dollari di fatturato estero. Gli elettrodomestici esportati hanno totalizzato 5,3 miliardi di dollari.
“Quello che è accaduto dopo lo scandalo metanolo nel vino italiano”, ha detto Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, oltre che della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, “rappresenta una straordinaria metafora della missione del nostro Paese. La domanda di Italia nel mondo è legata alla qualità, alla bellezza, alla cultura. Per intercettarla l’Italia deve fare l’Italia, andare avanti nel cammino intrapreso verso la qualità e puntare sull’innovazione senza perdere la sua identità. Questa parabola produttiva e culturale che ha nel vino il suo campione riguarda una parte rilevante della nostra economia. Questa tensione costante alla qualità rivela il cuore e il motore del Made in Italy”.
Gli ha fatto eco Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti il quale ha ricordato che “la nuova sfida è quella di rafforzare e difendere le posizioni acquisite combattendo la concorrenza sleale forte e agguerrita dei produttori internazionali che si concretizza nella ‘vino pirateria’ con le contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori più prestigiosi che, complessivamente, provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali. A preoccupare sono anche i tentativi di minare la distintività delle produzioni come dimostra la recente discussione Comunitaria sulla liberalizzazione dei nomi dei vitigni fuori dai luoghi di produzione che consentirebbe anche ai vini stranieri di riportare in etichetta nomi quali Aglianico, Barbera, Brachetto, Cortese, Fiano, Lambrusco, Greco, Nebbiolo, Picolit, Primitivo, Rossese, Sangiovese, Teroldego, Verdicchio, Negroamaro, Falanghina, Vermentino o Vernaccia, solo per fare alcuni esempi”.
di Dario de Marchi
03 Marzo 2016