È un progetto tutto italiano e per ora è in uso sperimentale solo alla Questura di Milano. Ma l’applicazione sul campo di “Key Crime” ha già dato fondati elementi per prospettargli un successo internazionale. È un sistema digitale di “cacciatore di rapinatori seriali” così efficace che se lo sognano anche all’Fbi e a Scotland Yard. Lo ha messo a punto e lo usa quotidianamente nella lotta al crimine metropolitano la Questura di Milano che ne ha curato per alcuni anni la sperimentazione e una continua evoluzione che ora sta dando risultati eccezionali, da primato mondiale.
“Key Crime” e’ stato in questi giorni protagonista nello stand della Polizia di Stato a “Sicurezza 2014”, rassegna mondiale in corso alla Fiera di Milano, e mostrato al pubblico con una suggestiva simulazione pratica di una rapina in farmacia.
“Key Crime è un software per l’ analisi degli eventi criminosi in grado di analizzare tutto ciò che si ripete nello spazio e nel tempo. La Questura di Milano ha deciso di utilizzarlo come test per il fenomeno del contrato alle rapine in ambito commerciale e bancario”, ha spiegato il suo inventore, Mario Venturi, assistente capo della Polizia di Stato.
I risultati parlano da soli: ad esempio, nel 2013 su 254 rapine in farmacia, la Polizia è riuscita ad individuare il responsabile nell’81% dei casi e, di conseguenza nel 2014 questo tipo di reato è diminuito a Milano del 25%. Key Crime cerca ovviamente di identificare il colpevole, ma poi fa di più: suggerisce dove il criminale potrebbe colpire di nuovo. Tanto che, conferma Venturi, “In diverse circostanze i poliziotti hanno aspettato i rapinatori nel posto previsto dal sistema”. Il cyber investigatore “Key Crime” non ce l’ha Fbi nè Scotland Yard, ma in fondo non lo ha ancora neanche la Polizia italiana, Questura di Milano a parte.
“Key Crime e’ stato sviluppato a Milano, quella passata è stata una fase di test positivi che darà riscontri. Noi a Milano stiamo già pensando a svilupparlo ancora per la lotta ad altri tipi di reato, mentre il Ministero dell’ Interno valutera’ senz’ altro una sua eventuale diffusione nazionale”, ha osservato Venturi.
Ma ci sono altre applicazioni nel mondo criminale a qui “Key Crime” potrebbe dare la caccia? Per ora si preferisce non dirlo e la risposta è ammantata, ovviamente, di riservatezza. Ma secondo Venturi “in genere riteniamo possa essere utile per tutti i reati seriali, che sono peraltro la stragrande maggioranza di quelli che si ripetono nello spazio e nel tempo”. Impossibile, però, non pensare ad un’applicazione nel campo della violenze sessuali, del contrasto al tifo violento e, perche’ no? ad un impiego contro il terrorismo.
15 novembre 2014
di Valentino Vilone