«Senza una comunità coesa i nostri territori sono privi di una prospettiva per il futuro. La crescita dell’agricoltura italiana deve passare attraverso lo sviluppo armonico del panorama rurale che abbiamo marginalizzato nel tempo». Queste le parole con cui il viceministro del MIPAAF, Andrea Olivero ha espresso la vitale importanza che le pratiche di agricoltura sociale hanno per il nostro Paese intervenendo alla conferenza Quando la terra cura, al Salone del Gusto e Terra Madre di Torino.«Oggi ribadisco la mia sfida: trovare forme di cooperazione tra le diverse realtà, formando nuovi progetti e dando visibilità alle aziende che si impegnano sul territorio e a livello sociale. Mai come oggi ci si sta interrogando sul modello di sviluppo in ambito agricolo. A maggio comincia l’Expo e dobbiamo essere pronti con modelli alternativi. Sono convinto che una risposta sia il modello dell’agricoltura basata sulla tutela della biodiversità e sulla tracciabilità, che comprendere agricoltura sociale e familiare».
«Non è facile catalogare numericamente il fenomeno perché in Italia le aziende che praticano agricoltura sociale sono in costante aumento e sono regolamentate in maniera diversa a seconda delle Regioni» ha detto Francesca Giarè, dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria che proprio per questo motivo ha presentato con entusiasmo l’approvazione nel luglio scorso della proposta di legge sulla regolamentazione del fenomeno alla Camera dei Deputati e ora in discussione al Senato.
«C’è l’esigenza di un quadro normativo nazionale in vista dei piani di sviluppo rurale (PSR) e dei finanziamenti che arriveranno dalla comunità europea. Solo così sarà possibile riconoscere e rendere duraturo il lavoro che l’agricoltura sociale svolge» ha detto Massimo Fiorio, vicepresidente commissione agricoltura Camera dei Deputati. La novità fondamentale della legge sarà quella di riconoscere l’agricoltura sociale come connessa a quella dell’azienda agricola e quindi attività che permette di generare prodotti, lavoro e relazioni tra le persone. «Il prossimo passo alla Camera sarà quello di proporre un’iniziativa sulla tutela alla biodiversità e la difesa del nostro suolo».
Il fermento normativo è una diretta conseguenza delle tantissime attività e dei progetti italiani che credono nella potenzialità dell’agricoltura sociale.
Parlando della sua cooperativa sociale OIKOS di Bergamo, Marco Crippa ha detto: «Con i nostri progetti non solo diamo una prospettiva lavorativa nuova a delle categoria sociali svantaggiate, ma creiamo una rete di sviluppo tra gli enti territoriali a beneficio della comunità e della cura del patrimonio ambientale».
Per fare agricoltura sociale, però, non basta la buona volontà. Un punto cruciale su cui si è insistito è la formazione. Una formazione che, secondo le parole di Fabio Comunello della fattoria sociale Conca d’oro di Bassano del Grappa (Vi), deve necessariamente essere tecnica e psicopedagogica. E continua: «L’obiettivo è di far acquisire il ruolo di lavoratore a coloro che sono ai margini della società, perché essere un lavoratore fa acquisire un’identità alle persone».
Favorire l’agricoltura sociale è anche uno dei migliori metodi per fornire un ruolo anche a persone affette da patologie gravi come l’autismo e i disturbi psichiatrici. Come dice Paolo Leggero, psichiatra e presidente della Cooperativa Sociale Interactive: «Attualmente nei paesi occidentali abbiamo un decorso delle malattie mentali gravi peggiore di quello dei paesi in via di sviluppo anche se investiamo molto denaro per cercare di curare queste malattie». Allargare i confini delle case di accoglienza per fare una grande azienda agricola multifunzionale è la sola prospettiva efficace per il futuro di queste realtà.
26 ottobre 2014
Redazione