L’Italia rischia di essere di nuovo invasa. Ma questa volta dalla Spagna. E in ballo c’è una delle nostre migliori produzioni: il vino. Nella penisola iberica, infatti, l’anno scorso c’è stata una eccedenza vinicola, con 50 milioni di ettolitri, un vero record. Un volume tale da rendere necessario smaltire il vino in eccesso fuori dai confini nazionali, puntando in Europa, Italia compresa.
Il ministero dell’Agricoltura di Madrid aveva anche studiato un intervento di distillazione obbligatoria a prezzi di molto inferiori a quelli di mercato. Ipotesi subito scartata perché da sola aveva indotto le cantine iberiche a cercare sbocchi all’estero per vendere, o meglio svendere, le loro abbondanti giacenze. Innescando così una concorrenza continentale basata sul ribasso dei prezzi.
Né a sminuire le tensione e i timori di una invasione di vino “Made in España” è bastata la previsione che quest’anno, invece, in Europa la vendemmia sarà meno produttiva con cali valutati nel 15% in Italia, del 26% in Spagna rispetto all’annata record 2013, mentre in Francia si sono ridimensionate le prime entusiastiche stime.
Alla Coldiretti il responsabile del settore vino, Domenico Bosco, ha detto di aver «sentito parlare di offerte a 8 euro a ettolitro di vino spagnolo, ossia con valori fuori portata per i produttori italiani. In Sicilia sono state già segnalate diverse offerte di vino spagnolo che, compresi i costi di trasporto, quotava meno del vino prodotto in Italia. È evidente che si tratta di una pesante tegola per i produttori del Made in Italy che dopo una vendemmia 2014 difficile e con elevati costi di produzione, speravano di vedere un rialzo dei listini».
Ma non è solo guerra di prezzi. C’è qualcosa di peggio che aleggia, per mere ragioni di cassetta, sull’ondata di ribassi sul mercato. Si teme, infatti, che partite di vino spagnolo, entrate in Italia a prezzi imbattibili, possano essere usate e finire imbottigliate come falsi prodotti enologici del Made in Italy. Una possibilità che le norme comunitarie consentono, a condizione che sulle etichette dei contenitori (bottiglie o brik) sia scritto che si tratta di «vino comunitario». Non nazionale, insomma.
Ma è ben evidente che ai produttori meno onesti non conviene imbarcarsi in queste formalità per segnalare in etichetta un non banale dettaglio.
Questo è un altro fronte che rischia seriamente di indebolire qualità e credibilità del vino italiano. I controlli in teoria ci sono e, anzi, il settore produttivo è molto controllato. In teoria. Sfugge invece la distribuzione, lasciando così spazio a comportamenti scorretti a danno dei consumatori e degli stessi vitivinicoltori.
6 ottobre 2014
di Dario de Marchi